Autoinganno

atlanteproblem solving

autoinganno

Con l’autoinganno si sostituiscono aspetti negativi con aspetti positivi per giustificarsi o proteggersi, in modo consapevole o senza rendersene conto.
Come hanno osservato i filosofi dall’antichità ai giorni nostri, fino alla sistemazione teorica fatta dal costruttivismo, la mente filtra la realtà con il suo sistema percettivo-reattivo. Noi consideriamo “reale” ciò che vediamo dal nostro punto di vista, e giudichiamo stupido o cattivo chi vede le cose in modo diverso, senza tener conto che le vede dal suo punto di vista. In tal senso tutto il nostro rapporto con la realtà, ossia con ciò che sta intorno a noi, è un autoinganno, perché è solo ciò che vediamo e sperimentiamo in quel momento, da quel punto di vista, nelle condizioni in cui siamo. Ognuno di noi quindi costruisce la sua realtà, e ci sono tante realtà quante se ne possono pensare, come dice Watzlawick.

L’autoinganno è uno strumento che protegge l’autostima, dalle semplici giustificazioni ad una rappresentazione di sé che ci renda accettabili a noi e agli altri. Può essere di quattro tipi, che di per sé sono tutti positivi, ma se ci si insiste troppo a lungo diventano trappole disfunzionali.
1. Autoinganno funzionale
L’autoinganno funzionale si osserva in situazioni nelle quali la persona mente a se stessa cercando di convincersi che la sua decisione è quella giusta. L’esempio più noto di autoinganno funzionale è nella favola della volpe e l’uva, in cui l’atto di mentire a se stessa serve alla volpe per evitare il malessere per non aver soddisfatto il suo desiderio. Se usato con moderazione, è positivo, come riconosce anche la saggezza popolare col proverbio “chi si contenta gode”. Se però diventa cronico, intrappola il soggetto nella sua zona di comfort e gli impedisce di mettersi in discussione e di accettare sfide migliorative.
2. Valorizzare per credere
Questo autoinganno serve ad abolire la dissonanza cognitiva in cui l’azione contraddice il pensiero. Tendiamo a dare un valore più alto a ciò che costa fatica, denaro, tempo e impegno, perché troviamo giusto che gli sforzi vengano ricompensati in qualche modo. Questo ci aiuta a impegnarci senza scoraggiarci alle prime difficoltà. Tuttavia, se una cosa ci è costata più del dovuto, sempre in termini di denaro, di fatica o di rischio, ci raccontiamo che era veramente eccezionale e che ne valeva la pena. Altrimenti dovremmo darci degli sciocchi, alimentando la dissonanza cognitiva. Ciò porta, per esempio, a preferire un prodotto più caro a prescindere se sia veramente più buono.
3. Autoinganno consolatorio
E’ quello del bambino che fa una marachella ma dice “non l’ho fatto apposta” o “non sono stato io, ha cominciato lui”. Autostima ed ego si proteggono attribuendo la responsabilità ad altri o ad altro, trasformandoci da colpevoli a vittime. Da un lato è bene ridurre i propri sensi di colpa e riconoscere i limiti della propria responsabilità, dall’altro ci porta ad eludere i problemi e a confermare la nostra debolezza.
4. Mentire agli altri per convincere se stessi
Ognuno di noi tende a raccontarsi valorizzando i propri meriti e minimizzando i propri demeriti, o a nascondere qualcosa che possa dispiacere al nostro prossimo. Fa parte dell’educazione stessa, che ci impedisce di dire che il re è nudo. Tuttavia, se la menzogna viene ripetuta, finisce col diventare la versione ufficiale, il cervello si adatta alla disonestà e la bugia viene vissuta come una realtà. Questo autoinganno è pane quotidiano del dibattito politico e dei giornali che ne riferiscono.

Gli errori di valutazione che sono alla base dell’autoinganno dipendono da bias cognitivi o pregiudizi.

  • Pregiudizio di conferma: preferiamo ciò che conferma le nostre credenze, evitiamo ciò che le smentisce.
  • Pregiudizio d’impatto: diamo maggiore importanza a ciò che è più duraturo o intenso.
  • Pregiudizio affettivo: l’oggetto del desiderio influenza le nostre capacità di scelte.
  • Pregiudizio del giocatore: se il gatto nero mi attraversa la strada avrò un incidente.
  • Effetto alone: se penso che quello sia un delinquente, la sua faccia mi sembrerà quella di un brutto ceffo.
  • Pregiudizio egoistico: i successi dipendono dalle nostre abilità personali e gli insuccessi da fattori esterni come la sfortuna o il caso.

Si può mentire sapendo di mentire, anche se a furia di farlo finiamo col credere noi stessi alle nostre falsità, passando così all’autoinganno inconsapevole, quando in buona fede continuiamo a raccontarci e a raccontare le solite balle di cui ormai non dubitiamo più. Per diventare consapevoli dei nostri autoinganni dobbiamo considerare che essi sono nostri pensieri, e che questi pensieri sono influenzati da generalizzazioni (i milanesi sono laboriosi, i romani sono pigri), cancellazioni (non mi interessi, non ti vedo), distorsioni (processo alle streghe).

L’autoinganno può essere usato in modo strategico per correggere visioni, atteggiamenti mentali e comportamenti. Nel problem solving strategico è il “come peggiorare“, che ci porta a immaginare il peggio per affrontare in modo più sereno una realtà meno inquietante, e la fantasia del miracolo, con cui immaginiamo come sarebbe se il problema fosse risolto, trovando così le leve che possono portarci ad eliminare veramente il problema.