Bias cognitivi

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Un bias cognitivo è una distorsione di ciò che si pensa su un argomento, causata da pregiudizi. “Le donne guidano peggio degli uomini! o “i meridionali sono pigri, i settentrionali sono laboriosi” sono esempi di tali pregiudizi, che portano a giudicare una donna al volante o un operaio al lavoro in modo distorto e non aderente alla realtà.

E’ una deviazione sistematica dalla norma o dalla razionalità nei processi mentali di giudizio. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, da cui derivano errori di valutazione o mancanza di oggettività di giudizio.

Il Nobel Daniel Kahneman, famoso per aver applicato la psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche, dice che nel nostro cervello convivono due modalità di pensiero: il sistema 1, veloce, basato su intuizioni e pulsioni, e il sistema 2, lento, riflessivo e capace di ragionare. Il sistema 1 è quello che prende la maggior parte delle decisioni, in modo che non dobbiamo fermarci in continuazione a chiederci come sarebbe meglio procedere. Questo meccanismo risale a quando eravamo cacciatori-raccoglitori e la velocità d’azione faceva spesso la differenza tra la vita e la morte. Il sistema 1 non ragiona. Si limita ad usare associazioni di idee, automatismi e scorciatoie mentali chiamate euristiche, che possono dar luogo a bias cognitivi. Le euristiche sono scorciatoie che il nostro cervello usa per farsi un’idea rapida di un argomento e prendere decisioni velocemente. In genere ci semplificano la vita, facendoci risparmiare fatica mentale e tempo. Quindi una modalità di pensiero utile in circostanze in cui bisogna agire rapidamente, diventa una distorsione quando sarebbe preferibile un momento in più di riflessione, o una raccolta di dati e notizie un po’ più ampia.

Come nascono i bias? Le persone si trovano continuamente davanti a questioni, criticità, problemi e scelte da affrontare, e in tutti questi casi applicano un approccio “euristico”, ovvero un approccio logico che comprende un insieme di strategie, tecniche e processi creativi per trovare una soluzione. Un approccio logico-scientifico è oneroso da sostenere, e applicato quotidianamente a tutte le decisioni da prendere diverrebbe insostenibile, dunque il nostro cervello deve trovare in molti casi un approccio più veloce. I bias sono scorciatoie che il nostro cervello utilizza per risparmiare energia. Queste scorciatoie sono per la maggior parte corrette e ci consentono di interpretare la realtà in maniera rapida ed efficiente. In alcuni casi, però, i bias ci conducono a errori di valutazione. Quando un processo euristico porta ad un’imprecisione o a un errore di valutazione, ci troviamo di fronte a un bias cognitivo.

Si può essere immuni ai bias? Comunemente, i pregiudizi vengono considerati sciocchi e sgradevoli, e generalmente gli individui ritengono di essere obiettivi nella propria visione della realtà e di non essere influenzati da alcun bias. Anzi, spesso queste persone notano invece che gli altri (parenti, colleghi, amici, etc.) sono vittime di pregiudizi cognitivi. Esiste però un bias che fa da presupposto a tutti gli altri: c’è in tutti noi una zona cieca della nostra consapevolezza, il “Bias Blind Spot“, per cui ogni individuo tende a considerare se stesso più obiettivo degli altri. Questa illusione introspettiva ci fa ritenere, erroneamente, che essendo a conoscenza dei bias possiamo evitarli o gestirli. Purtroppo non è così, e il primo passo per imparare a gestirli è cercare, ognuno di noi, di acquisire maggiore consapevolezza dei propri bias.

I bias ci aiutano quando c’è una situazione di pericolo o di emergenza, in cui il tempo per decidere è pochissimo, ed è fondamentale che il nostro cervello sia in grado di processare quanto accade con estrema rapidità. Ci servono a riconoscere una certa situazione e trovare la soluzione rapidamente. In tutti gli altri casi è meglio non essere troppo impulsivi o non restare troppo attaccati alle proprie convinzioni, ma ascoltare, riflettere e considerare punti di vista diversi dal nostro.

I bias cognitivi si raccolgono in cinque gruppi:

  • Bias dell’attenzione – tendenza a far caso ad alcune cose piuttosto che ad altre.
  • Bias di interpretazione – trovare un senso in quello che succede.
  • Bias di decisione – è più facile decidere in fretta, ma spesso la decisione è sbagliata.
  • Bias di memoria – selezionare le informazioni da archiviare.
  • Bias emotivi o bias “caldi” – intervengono sui precedenti creando interferenze emozionali nella sfera cognitiva e decisionale.

Se usiamo troppo il sistema automatico e veloce, come di solito facciamo, finiamo per rappresentarci una realtà che non esiste e per prendere decisioni sbagliate.
Possiamo riassumere così le innumerevoli conseguenze negative dei bias cognitivi:

  • Ci rendono difficile risolvere i problemi enormi che abbiamo creato, per la vita sul pianeta e per la nostra società.
  • Ci portano a decisioni personali e collettive irrazionali, della cui irrazionalità non siamo minimamente consapevoli.
  • Favoriscono le gabbie mentali e le convinzioni limitanti, quindi l’infelicità.
  • Ostacolano la comunicazione e le relazioni positive.

La mappa cognitiva di una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.
Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un’ideologia, un’opinione e un comportamento. È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello. Dato il funzionamento della cognizione umana, il bias non è eliminabile, ma si può tenerne conto “a posteriori” (per esempio in statistica e nell’analisi sperimentale) o correggendo la percezione per diminuirne gli effetti distorsivi, per esempio quando si valutano le risposte date nelle ricerche di mercato.

In ogni momento della vita l’individuo deve utilizzare le proprie facoltà cognitive per decidere cosa fare o per valutare la situazione che ha di fronte. Questo processo è influenzato direttamente dai seguenti fattori:

  • esperienza individuale;
  • contesto culturale e credenze;
  • giudizio altrui;
  • schemi mentali;
  • paura di prendere una decisione che causi danno.

Se da una parte questi fattori consentono di prendere una decisione in tempi piuttosto brevi, dall’altra ne possono minare la validità. La correttezza può dipendere da ulteriori fattori, tra cui, ad esempio, il tempo disponibile per acquisire informazioni o per prendere una decisione.

Considerando l’estrema complessità del pensiero e la diversità degli individui e dei contesti culturali e ambientali, i bias sono molto numerosi e sono classificabili in molti modi diversi, a seconda del livello di generalizzazione che si adotta. Inoltre si trovano sia nella vita quotidiana, sia nelle attività professionali, fino alla ricerca scientifica, quando si trova ciò che si vuole cercare invece di ciò che veramente c’è.

Segue un elenco dei bias più comuni.

Ancoraggio
L’ancoraggio è un metodo euristico psicologico che descrive la propensione a prendere decisioni basandosi sulle prime informazioni trovate. Secondo questo metodo, gli individui cominciano da un punto di riferimento implicito (l’ancora) e vi fanno aggiustamenti per raggiungere la propria valutazione. Per esempio il prezzo iniziale di un prodotto condiziona il giudizio su sconti, aumenti e prodotti concorrenti. L’ancoraggio influisce sul processo decisionale nelle negoziazioni, nelle diagnosi mediche e nelle sentenze giudiziarie, quando si tende a condannare un imputato recidivo.

Apofenia
L’apofenia è la tendenza umana a percepire pattern significativi tra dati casuali, come la razionalizzazione per il gioco d’azzardo, quando i giocatori immaginano di vedere pattern nei numeri che compaiono in lotterie, giochi di carte o roulette. Il bias nasce dal bisogno di comprendere il mondo, interpretandone eventi, forme e segni. Le superstizioni appartengono a questo bias.

Bias di conferma
Fra le informazioni possedute si ritengono più credibili quelle che confermano le proprie convinzioni, si ignorano o sminuiscono quelle che le contraddicono. Gli algoritmi dei social tendono a rinforzare questo tipo di bias.

Bias del senno di poi
Credere di aver saputo prevedere un evento correttamente, una volta che l’evento è ormai noto. “Te l’avevo detto!” “Sarebbe stato ragionevole puntare sul 23 rosso sapendo che poi era uscito (Watzlawick)”. Molti libri di management trasformano in strategie vincenti semplici storie di successo: il condottiero vittorioso è uno stratega, la cui strategia è apprezzata soltanto dopo la vittoria.

Bias di risultato
Rileggere il passato sulla base di conoscenze acquisite in momenti successivi. E’ simile al precedente, quando siamo di fronte ad una storia e non pensiamo che la schiavitù o la caccia alle streghe erano socialmente accettate anche dalle persone per bene, perchè di fronte ad una storia del passato conserviamo il giudizio e le conoscenze del presente.

Bias dei dettagli seduttivi
Se un argomento è supportato da dettagli con informazioni vere e magari importanti, ma non pertinenti o legate all’argomento, questo viene valutato più convincente. Si tende cioè a considerare implicitamente una qualche forma di correlazione con le informazioni vere aggiuntive anche quando, a pensarci bene, non c’è. Ne fanno uso pubblicità e propaganda quando citano dati scientifici o economici che il destinatario non è in grado di valutare, ma di cui subisce il fascino.

Bias di memoria
Tutto ciò che conosciamo e ricordiamo influisce su pensieri e comportamenti del momento, sia come esperienza positiva, capacità e abilità, sia come vincolo, limite, routine. Abbiamo sempre fatto così, l’esperienza mi dice che ho ragione.

Bias etnico
Ci fa valutare in modo migliore le persone che appartengono al nostro gruppo etnico, rispetto a quelle degli altri gruppi etnici a noi estranei. E’ il bias del razzismo, del campanilismo, del tifo sportivo.

Bias della coerenza
Ci fa ricordare in modo errato i nostri comportamenti, atteggiamenti o opinioni passati, in modo da farli assomigliare a quelli presenti. E’ molto frequente nei politici.

Bias di proiezione
E’ il bias per il quale pensiamo che la maggior parte delle persone la pensi come noi. Questo errore cognitivo si correla al bias del falso consenso per il quale riteniamo che le persone non solo la pensino come noi, ma anche che siano d’accordo con noi. In sostanza è un bias cognitivo che ci indice a sopravvalutare la normalità e la tipicità.

Bias della negatività
Comporta un’eccessiva attenzione rivolta verso elementi negativi, che vengono anche considerati come i più importanti. A causa di questa distorsione cognitiva, si tende a dare maggior peso agli errori, sottovalutando i successi e le competenze acquisite ed attribuendo così una valutazione negativa alla prestazione.

Bias dello status quo
E’ una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento: il cambiamento spaventa e si tenta di mantenere le cose così come stanno. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa potrà far peggiorare le cose.

Nel metodo scientifico i bias intervengono come fattori psicologici nella verifica delle ipotesi, influenzando ad esempio la registrazione dei risultati. Possono essere d’origine culturale, cognitiva, percettiva, e tendono in particolare a confermare una certa previsione al di là dell’evidenza sperimentale. Nelle pubblicazioni scientifiche si cerca di escludere queste distorsioni tramite la revisione specialistica fatta da altri scienziati.

Nelle scienze sociali molte ricerche sono viziate dal fatto che i risultati dei test rappresentano solo una piccola fetta di popolazione mondiale, chiamata con l’acronimo WEIRD (Western, Educated, Industrializated, Rich, Democratic), ovvero persone occidentali, istruite, ricche e democratiche. Tale distorsione prende il nome di WEIRD bias.

Nel marketing e nelle vendite il meccanismo del bias può essere utilizzato per ottenere un vantaggio nella negoziazione e nella vendita. Il settore della pubblicità si basa largamente sull’uso di bias piuttosto che suj reali requisiti dei prodotti offerti. Il negoziatore o il venditore possono far cadere il cliente in una trappola cognitiva utilizzando tecniche che fanno leva sui fattori di bias, accorciando i tempi, facendo leva sul contesto culturale e sulle credenze del compratore e fornendo informazioni addizionali, non sempre veritiere, che hanno lo scopo di oscurare le informazioni già a disposizione del compratore. Anche le truffe ai danni delle persone anziane si basano sull’innesco di trappole cognitive. Gli anziani tendono infatti a essere più soggetti a cadere nel bias, a causa della minore adattabilità dei processi cognitivi. Nel settore delle vendite, la prima impressione che si riceve dal venditore o dal prodotto è determinante. Dai primi pochi secondi, i nostri interlocutori si fanno un’idea di noi, si creano un’opinione ben precisa. Se stiamo creando un effetto positivo nel loro cervello, abbiamo buone probabilità di concludere la vendita, ma se l’esito è negativo, rischiamo che quell’impressione pervaderà anche ciò che diremo e faremo, con un effetto alone difficile da recuperare.

Nel lavoro l’effetto Pigmalione”, o più comunemente conosciuto come “la profezia auto-avverante”, è il fenomeno secondo cui, se un manager crede che il proprio collaboratore sia meno dotato, lo tratterà, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri.
Il collaboratore interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza; si instaurerà così un circolo vizioso per cui il collaboratore tenderà ad avere nel tempo delle prestazioni meno performanti, proprio come il manager aveva immaginato. Ovviamente questo vale, fortunatamente, anche in positivo, ed è un aspetto che i manager, nel bene e nel male, dovrebbero tenere sempre a mente. Questo vale anche per pregiudizi di genere (“le donne non sono all’altezza di cariche dirigenziali”) o etniche (“i tunisini sono bugiardi”).

Conoscere i bias più comuni è essenziale per poterli gestire e per migliorare i propri comportamenti.
Ricredersi su alcune situazioni, capire il perché di alcune scelte sbagliate, ripensare le valutazioni erronee fatte su determinate persone, ci servirà a riflettere su alcuni nostri bias e soprattutto ci aiuterà a non commettere un’altra volta gli stessi sbagli.