Tentate soluzioni

Le tentate soluzioni sono tutti i tentativi che facciamo per cercare di risolvere un problema. Diventano disfunzionali se, invece di ridurre o eliminare il problema, lo lasciano così com’è o addirittura lo alimentano e lo fanno crescere.

Watzlawick, in accordo con la filosofia costruttivista, dice che il mondo è la conseguenza dell’esperienza umana e non la sua causa. L’individuo è inserito in una rete di relazioni con se stesso, con gli altri e con il mondo, sistemi dinamici estremamente complessi. Quando incontra un problema, si comporta in modo ripetitivo, con tentativi di soluzioni che in precedenza hanno funzionato. Tuttavia, quando il problema è nuovo o ci troviamo in una condizione diversa dal solito, le soluzioni precedenti possono non funzionare più come prima, ma noi continuiamo a fare ciò che avevamo sempre fatto, e se il problema non si risolve insistiamo, e facciamo con più ostinazione e intensità ciò che abbiamo fatto finora. Mettiamo in moto così un circolo vizioso, perché la soluzione non funziona, ne aumentiamo l’intensità e il problema cresce. Ecco dunque che ci intrappoliamo nelle tentate soluzioni disfunzionali.

E’ il caso di una persona che ha paura di uscire di casa da sola e chiede a qualcuno di accompagnarla. La paura non cessa, ma cresce, fino a quando la persona sarà del tutto incapace di uscire da sola e ci troveremo di fronte ad un caso di agorafobia.

Le tentate soluzioni sono di tre tipi, si basano sul controllo, l’evitamento e la delega. Il controllo è fare sempre di più la stessa cosa, l’evitamento è non fare ciò che si teme, la delega è chiedere aiuto.
Il dirigente che sta addosso ai suoi dipendenti perché li ritiene poco affidabili, ma più sta loro addosso, più loro si sentono deresponsabilizzati, usa la tentata soluzione del controllo eccessivo. L’agorafobico che chiede di essere accompagnato per uscire usa la soluzione di non uscire da solo (evitamento) e di farsi accompagnare (delega: aiutami tu perché io non ce la faccio).
Anche se le tentate soluzioni per un po’ funzionano o sembrano funzionare, aggravando il problema arrivano ad una soglia catastrofica in cui il sistema cede ed esplode. Il capo ipercontrollante finirà per prendersi un esaurimento nervoso o per farlo venire ai dipendenti. Il fobico, ossia colui che evita, finirà col paralizzarsi. Il delegante finirà col ritenersi incapace di fare qualsiasi cosa.

schema tentate soluzioni

Il grafico mostra lo schema strutturale delle tentate soluzioni. Si parte da una incapacità ridondante, ossia dalla difficoltà in cui ci mette il problema. Le incapacità sono strategiche (non so che cosa fare), di comunicazione (so che cosa fare, ma lo faccio male), di relazione (non gestisco bene le conseguenze di ciò che faccio). Per reagire a questo quali sono le mie tentate soluzioni, dove avvengono? Come si manifestano? Quando?

Le tentate soluzioni si manifestano come evitamento, come rinuncia a fare o dire qualcosa; come controllo, lotta, insistenza nel fare sempre di più; come delega, richiesta di aiuto. Andando avanti il circolo vizioso genera una escalation che porta alla catastrofe, alla rottura.
Analizzando le mie tentate soluzioni, posso chiedermi se c’è stata qualche eccezione, qualche caso in cui non ho adottato la solita tentata soluzione, ma ho fatto qualcosa di diverso. Come è avvenuto? Dove? Quando? In quale percentuale, una sola volta o più volte? Questo può essere un punto di partenza per interrompere il circolo vizioso, una leva di cambiamento efficace, dasto che ha funzionato già, e alla mia portata, dato che l’ho già adottata.

tentate soluzioni

Nell’analisi delle tentate soluzioni si cercherà di capire se esse sono fatte per scelta (pensavo che funzionasse), sono subite (non ho potuto farne a meno) o spontanee (non sono riuscito ad evitare di fare ciò). Sono stato carnefice o vittima nei confronti degli altri? In che modo ho esercitato la mia volontà di controllo, la mia incapacità di non subire, il mio mancato controllo?

La tecnica per individuare le tentate soluzioni è il come peggiorare. Che cosa farei se volessi aggravare il problema? Alcune delle cose che farei, le ho fatte veramente? Queste sono le mie tentate soluzioni. Già solo questa consapevolezza aiuta a produrre delle azioni correttive spontanee, o quanto meno sarebbe una base da cui iniziare a costruire un processo di cambiamento.

Uno dei principi del problem solving è: se qualcosa che fai non funziona, fai qualcosa di diverso. Watzlawick propone di partire da una chiara definizione del problema (è un ostacolo da rimuovere o un obiettivo da raggiungere?), di analizzare le tentate soluzioni utilizzate e le reazioni ad esse, di interrompere e alterare il circolo vizioso che mantiene in vita il problema. Per cambiare il comportamento si possono usare i 13 stratagemmi.

Possiamo analizzare le nostre tentate soluzioni da soli, annotandoci quello che facciamo quando si ripresenta il problema che ci limita, o facendoci aiutare da altri, per avere una visione esterna.
I problemi sono di qualsiasi genere, da qualcosa della nostra vita privata o lavorativa, alla relazione di coppia o con genitori e figli, al funzionamento di uffici e organizzazioni.