Carattere

maschere di Jacques

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Il carattere è una forma con cui un soggetto diventa riconoscibile e classificabile, è un segno distintivo come un marchio o un sigillo. Lo scultore francese Junior Fritz Jacquet fa curiose maschere utilizzando i cartoni di scarto dei rotoli di carta igienica, e riesce a dar loro espressioni diverse di stati d’animo o atteggiamenti. Inteso come maschera sociale, il carattere è spesso assimilato alla personalità (in latino “maschera” si dice “persona”). Tuttavia la personalità comprende tutta l’organizzazione mentale della persona, che attraverso il comportamento e il suo interagire con gli altri e con l’ambiente, mostra il suo carattere. Sarebbe come dire che il carattere è la maschera, la personalità è il volto.

Il termine carattere deriva dal greco character, che significa “impronta”. Quindi è un segno inciso, impresso o tracciato a cui diamo significato, fino ad arrivare alla scrittura, dove il carattere è la forma che assumono le lettere nel documento scritto. Ma l’impronta è anche una traccia lasciata da un’azione o da un passaggio, e può essere interpretata per risalire all’evento che l’ha lasciata. E’ qualcosa che viene conservato o ripetuto, e che diventa un segno distintivo, una qualità che ci fa riconoscere persone, animali, fenomeni. Parliamo così del carattere di una persona, ma anche di un vino o di un cane, che possono essere forti, aggressivi, allegri, gioviali, tristi. 

Dal punto di vista del problem solving il carattere è un riduttore di complessità: la realtà si presenta in modo estremamente mutevole, con un altissimo numero di variabili che ne rende difficile la comprensione. Non potendo conoscere tutto ciò che accade intorno a noi, ci limitiamo a riconoscere ciò che emerge, che si ripresenta in modo uguale o simile, che rientra in tutto o in parte in quel numero limitato di tipologie che riduce la complessa molteplicità del conoscibile. Se una persona si arrabbia frequentemente diremo perciò che ha un carattere irascibile, se invece è prevalentemente taciturna, mesta e abbattuta, diremo che ha un carattere malinconico.

 

Proprio perché i caratteri sono nostre semplificazioni, sono modelli di comportamento che non corrispondono del tutto alla reale personalità di un individuo reale: l’irascibile può essere anche malinconico, l’aggressivo può essere remissivo, l’allegrone può mettersi a piangere, in seguito a ciò che gli sta accadendo al momento e a quello che fanno gli altri. E’ dunque difficile individuare i caratteri delle persone, descriverli e ridurli ad un numero accettabile. 

 
mappa dei caratteri

Ippocrate, il padre della medicina occidentale del V sec a.C. partiva dai quattro elementi di Empedocle (aria, terra, fuoco, acqua) e dai quattro umori corporei (sangue, flegma, bile gialla e bile nera) per determinare i quattro caratteri psicosomatici: sanguigno, melanconico, collerico, flegmatico. Un secolo dopo l’allievo di Aristotele Teofrasto scriveva “I caratteri” descrivendo in modo spiritoso 30 tipi di caratteri.  Galeno, il medico del I sec. d.C., distingue tre facoltà: razionalità con sede nel cervello, passionalità con sede nel cuore, appetitività con sede nel fegato.

Dall’antichità classica saltiamo al XX secolo con Carl Gustav Jung che individua soggetti con carattere “estroverso”, che preferiscono il mondo esterno, il gruppo sociale, il partner attuale o potenziale, l’impegno politico e l’affermazione personale immediata, amano i colori più che le forme e prediligono i colori caldi (dal giallo al rosso); soggetti con carattere “introverso”, rivolti verso il mondo interiore dei simboli, delle impressioni personali, delle immaginazioni fantastiche, sono cauti e inibiti nei rapporti sociali, cercano di affermarsi nel lungo periodo, preferiscono la forma rispetto al colore, e i colori freddi (dal verde al blu); soggetti col carattere “ambiverso” che presentano caratteristiche più sfumate e combinate di ambedue i soggetti precedenti. Le persone possono essere inoltre influenzabili dagli altri o indipendenti dal giudizio degli altri in quanto hanno maggiore fiducia in se stesse.

Wilhelm Reich scrive nel 1933 “L’Analisi del Carattere” con cui, tenendo conto di un decennio di lavoro terapeutico, distingue fra carattere nevrotico e carattere sano, con strette relazioni fra soma e psiche.

Ma uno specifico trattato di caratterologia arriva solo nel 1945 col filosofo francese René de la Senne, che considera quattro fattori del carattere umano: emotività, attività, risonanza emotiva, ampiezza di coscienza, dalla cui combinazione derivano otto caratteri: 

  • nervoso emotivo – non attivo – primario (esempi storici: Byron, Chopin, Dostoevskij, Gauguin, Poe, Wilde)
  • sentimentale emotivo – non attivo – secondario (esempi storici: Kierkegaard, Leopardi, Lucrezio, Robespierre, Rousseau)
  • collerico emotivo – attivo – primario (esempi storici: Casanova, Cellini, Danton, Diderot, Dickens, Hugo)
  • passionale emotivo – attivo – secondario (esempi storici: Sant’Agostino, Dante, Michelangelo, Napoleone, Nietzsche, Tolstoj)
  • sanguigno non emotivo – attivo – primario (esempi storici: Bacone, Machiavelli, Metternich, Orazio, Voltaire)
  • flemmatico non emotivo – attivo – secondario (esempi storici: Darwin, Gauss, Hume, Kant, Leibniz, Locke)
  • amorfo non emotivo – non attivo – primario (esempi storici: La Fontaine)
  • apatico non emotivo – non attivo – secondario (esempi storici: Luigi XVI).

Da tutto ciò ne viene che ci sono molti modi di classificare i caratteri, fino ad arrivare al dizionario web dizi.com che pubblica una lista di 120 tipi di caratteri, con altrettante voci. 

 

Il problem solver terrà conto del carattere delle persone quando si trova di fronte a resistenze al cambiamentoIl carattere non è una maschera di bronzo immodificabile. E’ una scelta che si costruisce, nel bene e nel male, su cui si ha pieno potere, e non è mai un alibi, come fa chi dice “io sono fatto così, che ci vuoi fare?”. Quindi, di fronte a rigidità e resistenze, non serve andare allo scontro diretto, è meglio partire dal carattere dell’interlocutore, individuare insieme con lui le tentate soluzioni disfunzionali e, attraverso la ristrutturazione dei suoi stessi pensieri, aiutarlo a modificare leggermente i propri comportamenti in modo da attivare piccole leve di cambiamento che metteranno in moto la modifica di tutto l’insieme caratteriale. Ognuno di noi sta scrivendo il romanzo della sua vita, ma se la storia non volge al lieto fine è il caso di modificarne un piccolo episodio invece di pretendere di sostituire tutto il romanzo con un romanzo diverso. E come nel film “Sliding doors” l’apertura o chiusura di quella porta può modificare tutto il corso successivo degli eventi.

 

I responsabili delle risorse umane faranno attenzione a non mettere un introverso a contatto con il pubblico, o un estroverso iperattivo a fare un lavoro paziente e ripetitivo di archiviazione. Anche nel team building, in base al problema da affrontare, si deciderà se fare un team omogeneo o integrato. Se il team deve attaccare (una pattuglia da sbarco o un gruppo di venditori) sarà costituito da estroversi. Se invece il team comprende attività di front office e di back office sarà formato da estroversi stabili per il front office e da introversi stabili per il back office.

 

Uno strumento utile per analizzare il proprio carattere è la matrice SWOT, in cui metteremo in evidenza i nostri punti forti e deboli, le cose che possiamo migliorare e quelle che dovremmo ridurre o eliminare. Dopo aver fatto la nostra analisi, possiamo adottare strategie di rinforzo dei punti forti, che saranno gli strumenti con cui affronteremo il mondo con più sicurezza, o di modifica dei punti deboli. In altre parole, se sono timido posso evitare di parlare in pubblico e magari scrivere un discorso che darò ad un altro più sicuro di me, oppure lavorerò sulla mia timidezza studiando con l’aiuto di attori e oratori, come fece il re inglese Giorgio VI che si fece aiutare dal logopedista Lionel Logue, come raccontato nel film “Il discorso del re” del 2010.