Captologia

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La captologia fa parte della sociologia e studia gli effetti delle tecnologie interattive su comportamenti, idee, relazioni e comunicazioni delle persone che utilizzano strumenti, dispositivi, applicazioni tecnologiche, dentro e fuori della rete. Il termine è stato coniato da B. J. Fogg della Stanford University come acronimo di Computers As Persuasive Technologies (i computer come tecnologie persuasive), latinizzandolo in “capto” (prendo) a cui ha aggiunto il suffisso “logia”, a indicare qualcosa che cattura la nostra attenzione e le nostre reazioni in modo palese o subdolo.

La captologia è applicabile a qualsiasi strumento: un coltello o un paio di forbici con la loro forma ci mostrano da quale parte dobbiamo prenderli e come dobbiamo usarli. Con l’informatica però gli strumenti si sono caricati della capacità di comunicare, interagire, e di farci comunicare e interagire con essi stessi e fra noi umani, quindi la captologia in senso proprio studia i computer – dai pc fino agli smartphone – come strumenti, come mezzi di comunicazione, come attori sociali.

Qualsiasi strumento, per poter essere usato, ha bisogno di un’interfaccia. Il manico della zappa o del coltello è l’interfaccia che permette di usare la lama metallica che svolge il lavoro proprio dello strumento. Le interfacce informatiche consistono in insiemi di informazioni che appaiono sul monitor per guidarci nell’uso corretto dei programmi che ci permettono di compiere le operazioni desiderate. Queste informazioni vanno da icone, pulsanti e barre da cliccare o da scorrere, fino a veri e propri tutorial che ci spiegano come fare. Anche i programmi più evoluti, come i motori di ricerca o le piattaforme di social network, ci guidano rispondendo alle nostre domande e ai nostri comandi. Il problema però è che rispondono a modo loro, in base ad algoritmi o ad agenti di intelligenza artificiale che dopo un po’ ci conoscono e cercano di darci le risposte più gradite. Se noi usiamo la tecnologia in modo scorretto, le interfacce intelligenti ci aiutano correggendo i nostri errori e dandoci le istruzioni e i consigli del caso.

La captologia dunque, intesa come l’arte della persuasione tecnologica, è cosa buona e giusta, perché ci aiuta a fare e ad essere ciò che vogliamo. Tuttavia potrebbe essere usata con altrettanta efficacia per farci fare o pensare ciò che non vogliamo, o che non faremmo se non vi fossimo indotti. Il modo più rozzo è la comparsa di banner o di finestre che annunciano un prodotto o un servizio. Un modo più raffinato è la serie di suggerimenti che ci danno Amazon o Netflix, in base a questo ragionamento: poiché ti è piaciuto il tale libro o film, potresti leggere o vedere questi altri.
In tal senso si è andato sviluppando un vero e proprio design della dipendenza, con interfacce che ti stimolano e ti fanno venir voglia di cliccare su qualcosa, ti premiano se hai fatto la cosa che vogliono farti fare, ti lanciano stimoli più forti o più subdoli, creando dei loop che aumentano e portano alla dipendenza compulsiva, come accade a chi freneticamente digita sul proprio smartphone ignorando persone, cose e ambienti circostanti.

Poiché la persuasione dipende dalla credibilità e dalla simpatia di chi vuole persuaderci, se l’utente si accorge che l’intento è quello di schiavizzarlo, qualsiasi ulteriore azione persuasiva si ritorce contro l’avido persuasore. Ma a questo punto la stessa captologia offre i rimedi. La macchina ti avverte quando insisti troppo su un uso non corretto o pericoloso, ti lascia fare le tue scelte, ti suggerisce alternative a cui non avevi pensato.

Da una parte dunque si svilupperanno modelli di business che mirano ad utenti sempre più dipendenti e acritici che consumano in modo compulsivo e frenetico, dall’altro, in parallelo con i progressi dell’intelligenza artificiale, si svilupperanno modelli di business che mirano ad utenti consapevoli e liberi, che scelgono solo dopo aver valutato i pro e i contro, e restano fedeli perché sono stati trattati in modo soddisfacente. I due modelli acquistano un’importanza cruciale se dal mondo dei prodotti e dei servizi si passa a quello delle opinioni, degli orientamenti etici e politici, dei problemi sociali, ambientali, personali.