Business intelligence

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L’industria dell’ottocento e della prima metà del novecento si basava sulla volontà e sul duro lavoro. “Volere è potere”, era il motto dei nostri nonni, insieme con “il lavoro nobilita l’uomo”, e il complementare “l’ozio è il padre dei vizi”. Per le imprese postindustriali della seconda metà del novecento e del duemila i valori principali sono la visione e la conoscenza. Si riprende addirittura l’antico aforisma di Seneca, secondo cui non c’è vento favorevole per il navigante che non sa dove andare, e l’impresa non è solo una macchina che produce, è un organismo che apprende a produrre meglio con meno sforzo cose e informazioni utili a sé e all’ambiente circostante.

Ecco dunque che di fronte alla volontà del fare diventa preponderante l’intelligenza del capire e del sapere che cosa si vuol fare, perché lo si fa, come lo si fa o lo si può fare meglio.
L’insieme di processi, strumenti, metodologie per sapere che cosa l’impresa ha fatto finora, che cosa sta facendo e che cosa farà o potrebbe fare, è chiamato business intelligence, dove il termine business non si riferisce solo ai profitti monetari, ma a qualsiasi valore e scopo faccia parte della mission, della ragione per la quale l’organizzazione esiste e opera nella società.
Quando si parla di business intelligence ci si riferisce a tre ambiti:

  1. i processi che dai dati grezzi arrivano ad informazioni significanti e utilizzabili;
  2. le tecnologie usate da questi processi, dal foglio di calcolo ad agenti dotati di intelligenza artificiale;
  3. l’informazione e la conoscenza come prodotti di processi e strumenti.
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I dati generati dai software e dalle operazioni di ERP (programmi gestionali), CRM (relazioni con i clienti) e SCM (gestione della supply chain) da una parte vanno ad alimentare i sistemi di gestione delle conoscenze, dall’altra i data warehouse e data mart con cui fare business intelligence, e cioè confronti e analisi di prospettive storiche ed evoluzioni nel tempo, analisi delle situazioni attuali, previsioni e decisioni a breve e medio termine.

I processi di business intelligence partono dai dati generati dalle operazioni quotidiane dei sistemi transazionali OLTP, dai gestionali ERP, dai sistemi SCM che gestiscono le catene del valore, dai CRM che gestiscono le relazioni con i clienti. Tutti questi dati vengono raccolti in basi di dati di diverso genere, con strutture e filosofie di archiviazione diverse, con formati diversi. I sistemi ETL estraggono i dati interessanti, li trasformano omogeneizzandoli, e li caricano nei data warehouse che raccolgono dati dello stesso settore o tipologia. Dai warehouse si estraggono i data mart, raccolte di dati più specializzate, da cui derivano report e modelli del data mining, simulazioni e supporti alle decisioni dei sistemi OLAP, elaborazioni di intelligenza artificiale, elementi di conoscenza e previsione strategica.

Le tecnologie comprendono gli strumenti software che, acquisendo e manipolando masse di dati presenti su database o anche archivi non strutturati, trasformano i dati in informazioni, e le informazioni in conoscenza che si esplicita con report, statistiche, indicatori, grafici costantemente aggiornati, facilmente adattabili e configurabili dall’utente, senza bisogno di ricorrere a specialisti informatici. Dal rendiconto del nostro home banking a sofisticati cruscotti aziendali di supporto a decisioni strategiche, ciò che vediamo è il risultato di processi di business intelligence. I software di business intelligence servono ad estrarre i dati, trasformarli, caricarli in depositi specializzati come data warehouse e data mart, visualizzarli per consentire valutazioni a colpo d’occhio di percentuali, tendenze, priorità.

L’informazione e la conoscenza sono i prodotti significativi dei processi di business intelligence. Il foglio di calcolo risponde a domande del tipo “if…then”: se aumento il prezzo di un euro, quale sarà il profitto? Le vendite resteranno uguali o diminuiranno? 

Il data mining permette di elaborare modelli di conoscenza per mezzo di algoritmi con cui è possibile segmentare i clienti, prevedere vendite o eventi, confrontare comportamenti di gruppi di individui, valutare i feedback di diversi pubblici. Un’analisi multidimensionale su un cubo OLAP permette di acquisire conoscenze più articolate e sofisticate su determinati set di dati o cluster di individui. Un cruscotto aziendale permette di guidare “a vista” l’azienda, con previsioni a breve e medio termine, valutando serie storiche per conoscere ciò che è successo, fotografando il presente in modo da averne immagini sinottiche, confrontandosi con concorrenti più o meno bravi.