Decisioni

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Sarebbe bello se per ogni problema ci fosse una sola soluzione, quella giusta. In realtà chi dice che la soluzione è una sola, ed è quella giusta, fa un peccato di presunzione e di arroganza, perché anche 2 + 2 può non fare 4 se si sommano due pere con due numeri irrazionali. Non parliamo di decisioni che riguardano comportamenti, relazioni fra persone, piani e progetti.

Dunque, se alla fine del processo di problem solving siamo arrivati a più di una soluzione, o se anche durante il percorso risolutivo o progettuale si presentano alternative, bisogna sceglierne una per procedere. Magari non sarà quella migliore, ma è sempre meglio che restare paralizzati nel dubbio e nel timore di sbagliare.

Del resto avere a disposizione più alternative significa essere più ricchi di possibilità, per cui se una scelta non funziona, possiamo sempre ricorrere ad un’altra scelta, come un allenatore che ha una panchina ricca di buone riserve.
Richard Bandler dice che se non hai alternative sei uno schiavo, se ne hai due sei un interruttore, se ne hai di più sei un essere libero. Ed Heinz Von Foerster formula così il suo imperativo etico: “Agirò sempre in modo da accrescere il numero totale delle possibilità di scelta”.

I momenti della scelta sono la decisione (decision making) e l’applicazione delle decisioni prese (decision taking). Solo con questa il processo di problem solving è compiuto, il cambiamento si è concretizzato ed è operante. La deliberazione valuta i pro e contro delle diverse opzioni. La scelta punta su una opzione escludendo le altre. Il decision taking passa all’azione, applica le scelte e le implementa nel sistema che va cambiato. Nella ruota del PDCA la scelta avviene nella fase Plan, l’applicazione nella fase Act.

Il processo decisionale può essere studiato in modo descrittivo: come sono state prese certe decisioni, con quali meccanismi selettivi, con quali strumenti. In tal senso il successo di una decisione può guidare le nuove decisioni da prendere. Oppure in modo normativo: come si dovrebbero prendere le decisioni, con quali criteri e con quali strumenti.

Per poter scegliere le soluzioni più adatte dovremmo disporre di tutte le informazioni necessarie. Non sempre ciò accade, e spesso bisogna prendere decisioni anche in mancanza di informazioni sufficienti. Si va così dalla certezza (posseggo tutti i dati e posso scegliere con sicurezza) al rischio (non posseggo tutti i dati, ma sono in grado di valutare le probabilità di sviluppo della situazione). Si giunge infine all’incertezza, quando non posseggo i dati e non sono in grado di valutare le probabilità.

Le decisioni possono esser prese da un individuo o da un gruppo. L’individuo può decidere per sé (farò un corso di cinese, inizierò una dieta dimagrante) o per gli altri (devono imparare ad usare il nuovo software). Il gruppo stabilisce il criterio di decisione; prevale il parere della maggioranza, o quello degli esperti, o quello del team leader che fa da portavoce del gruppo.

I percorsi delle decisioni non sono sempre semplici e lineari. Più spesso sono circolari e complessi, nel senso che una decisione può essere influenzata da altre decisioni, o può influenzare decisioni successive. La teoria dei giochi offre modelli di interazione fra decisori, con mosse e contromosse di strategia.