Disposizione
La disposizione è il modo in cui gli elementi di un oggetto visivo sono collocati nel campo dell’oggetto stesso. Nella pittura è la composizione del quadro, in grafica è l’impaginazione, in architettura è la disposizione di pieni e vuoti, strutture e spazi, in gastronomia è l’impiattamento, nell’arte oratoria è l’organizzazione degli elementi del discorso. Nella percezione visiva, e quindi nella comunicazione, è il significato che diamo a ciò che vediamo in base alla posizione degli elementi del messaggio visivo che stiamo guardando e interpretando. Il significato di un’immagine cambia in base alle relazioni fra elementi vicini e lontani, importanti e secondari, precedenti e successivi, stabili o mobili, ordinati o caotici.
Nelle arti primitive o nei disegni dei bambini, gli elementi figurativi vengono messi l’uno accanto all’altro. Solo in una fase più evoluta ci si pone il problema di come rappresentare persone o cose che siano l’una davanti all’altra, oppure una più vicina e altre più lontane. Le figure sovrapposte, se non sono trasparenti, si nascondono in tutto o in parte, e anche la rappresentazione bidimensionale di soggetti tridimensionali deve fare i conti col punto di vista da cui una parte si vede, altre parti non si vedono.
In questo bassorilievo calcareo del sumero Ur-Nanshe, re di Lagashm, databile al 2550-2500 a.C., le figure sono disposte l’una accanto all’altra, anche se nelle braccia conserte c’è già un accenno di sovrapposizione delle mani e delle braccia. La scena è divisa in due settori. Nel superiore il re porta un cesto di mattoni, nell’inferiore è seduto in banchetto per festeggiare la costruzine di un tempio. Il re è sempre di dimensioni più grandi delle altre figure che rappresentano moglie e figli con le relative iscrizioni che li qualificano. Le dimensioni dei personaggi quindi non sono realistiche, ma seguono un cerimoniale rituale, o semplicemente enfatizzano i personaggi più importanti.
Tutankhamon tra il dio Anubi e la dea Nut, 1334 a.C., tempera su intonaco di stucco da Tebe, Valle dei Re, Tomba di Tutankhamon. Le tre figure mostrano chiaramente i criteri di rappresentazione delle figure umane per raffigurarle a prescindere dal punto di vista. La testa è di profilo, ma occhio e sopracciglio sono di prospetto come braccia, spalle e tronco, mentre gambe e piedi tornano a essere di profilo. Questo modo di impostare la figura umana persiste fino al V sec. a,C, nell’arte greca ed etrusca.
Danzatrice acrobatica, circa 1200 a.C. , frammento di pietra calcarea dipinto a tempera. L’impostazione rituale del corpo non è incapacità rappresentativa, ma scelta rituale, come dimostra questa danzatrice correttamente ritratta di profilo, con le forme anteriori che nascondono le forme posteriori, come per braccia, gambe e seno. Anche i capelli sciolti cadono realisticamente. Solo occhio e sopracciglio continuano a essere dipinti di fronte, non di scorcio. Si dovrà arrivare alla pittura greca del IV sec. a.C. per vedere occhi, mani e piedi rappresentati di scorcio.
La disposizione degli elementi in un’immagine avviene tenendo conto di strutture formali o pattern compositivi ricorrenti. Abbiamo così immagini costruite con simmetria e prospettiva centrale e verticale, o per diagonali e prospettiva laterale, come nelle due vedute del cortile del Palazzo Ducale di Urbino.
O vedute dall’alto o dal basso come le foto di Mont Saint Michel.
Il pattern è gerarchico quando un elemento è visivamente più importante degli altri, perché più grande, o più illuminato, o in posizione eminente, come è il caso di Martin Luther King davanti alla folla. E’ atonale quando nessun elemento primeggia sugli altri, ma tutti costituiscono un insieme o una texture, come uno stormo di passeri o una folla di individui.
Infine le griglie compositive possono avere una modulazione circolare come il particolare del mosaico pavimentale del Duomo di Otranto, o per scansioni ortogonali come la pittura pompeiana del terzo stile o i quadri di Mondrian, o possono seguire ancora altri schemi compositivi come curve, diagonali, prospettive, sequenze.
Le figure acquistano un significato visivo diverso in base alla posizione in cui si trovano nel campo in cui appaiono. Ci sembrerà che stiano in alto o in basso se si trovano più vicine al bordo superiore o inferiore, saranno leggere se fluttuano in una zona qualsiasi del campo, pesanti se sono attaccate al bordo inferiore, stabili se sono attaccate a un bordo qualsiasi del campo o se ne occupano una zona forte (per esempio il centro), mobili se sono staccate dai bordi o non occupano zone forti del campo. CI sembreranno più importanti quelle che si trovano in una zona forte del campo, secondarie le altre. Infine ci daranno una sensazione positiva e ottimistica quelle che appaiono nel quadrante in alto a destra, negativa e pessimistica quelle che appaiono nel quadrante in basso a sinistra.
Il rapporto tra figure e sfondo cambia in base all’interesse che proviamo per ciò che vediamo. Nella foto di sinistra la cosa interessante è il fiore, che è nitido e occupa la parte centrale del campo. Nella foto di destra invece la cosa interessante è il capolino dei semi, che diventa il centro dell’immagine e mette in secondo piano il fiore, spostandolo in un punto debole del campo e sfocandolo.
Questo effetto è molto usato al cinema, quando un oggetto in primo piano è sfocato e viene messo a fuoco man mano che l’attenzione della narrazione si sposta dallo sfondo al primo piano.
Per vedere come gli artisti hanno applicato la disposizione delle figure nel dipinto ho scelto un soggetto complesso come il Giudizio Universale, dove gli stessi elementi tratti dall’Apocalisse e da altri passi delle Scritture sono trattati in vario modo in base al gusto del tempo, alle interpretazioni vigenti e alla personalità dell’autore.
Benedetto Antelami, lunetta nel Battistero del Duomo di Parma, 1270. La composizione è simmetrica e centrata sulla figura di Cristo Giudice, ed è divisa in tre zone: la parte superiore raffigura i dodici apostoli seduti sui rami di un grande albero che simboleggia la futura chiesa, culminante con i due angeli che suonano le trombe dell’Apocalisse. Nella parte centrale si vedono il Cristo e gli angeli con i simboli della Passione. La fascia inferiore mostra gli angeli che suonano per risvegliare i morti, a sinistra gli eletti, a destra i dannati. Tutta la composizione è molto ordinata, le figure sono affiancate, si nota appena la differenza fra i buoni e i cattivi, i primi più composti, i secondi un po’ più scomposti a rappresentare i turbamenti del peccato.
La basilica di Santa Maria Assunta di Torcello, costruita fra l’XI e il XII sec., contiene uno dei più importanti cicli di mosaici romanici esistenti. Fra di essi un’intera parete è ricoperta dalle tessere del Giudizio, imponente composizione divisa in sei parti. Dall’alto c’è la Crocifissione. da cui discende il Cristo redentore che salva Adamo con ai lati le grandi figure degli arcangeli. La terza fascia raffigura il Cristo che appare nella mandorla di luce sul suo trono (parusia, presenza visibile) con tutti i santi, la Madonna e il Battista. Dal trono sgorga un fiume di fuoco che va a finire nell’inferno. Nella quarta fascia c’è l’etimasia, la presenza invisibile sul trono vuoto prima della parusia, con i sette angeli dell’Apocalisse che svolgono varie attività, fra cui quella di arrotolare il cielo come segno della fine dei tempi. Al centro della quinta fascia l’arcangelo Michele si contende le anime con due diavoli. Alle sue spalle c’è il Paradiso con i beati in gruppetti ordinati, alle spalle dei diavoli c’è l’inferno con due angeli che vi cacciano i dannati, diavoli alati azzurri che li tormentano, e Satana che li sbrana tenendo in grembo l’Anticristo. L’ultima fascia contiene scene particolari del Paradiso e dell’inferno.
Tutta la composizione ha un impianto ortogonale, con l’orizzontalità delle fasce e la verticalità delle figure e delle partizioni.
Le dimensioni delle figure sono rituali e gerarchiche, non realistiche.
Dal 1303 al 1305 Giotto affresca la Cappella degli Scrovegni a Padova, la cui controfacciata è dedicata al Giudizio. I temi iconografici sono tutti presenti, ma l’impostazione generale è più ariosa e libera rispetto alle opere analoghe precedenti. L’impostazione è simmetrica, intorno alla figura del Cristo nella mandorla luminosa e incorniciata dai colori dell’arcobaleno e da una ghirlanda di cherubini. Ai lati del Cristo ci sono gli Apostoli seduti su troni, sovrastati dalle schiere angeliche, ordinate come plotoni militari, In basso c’è la croce retta dagli angeli che separa inferno e paradiso.
Nel paradiso ci sono due schiere di angeli e santi, e al di sotto un terreno roccioso da cui si risvegliano i morti e su cui sono inginocchiati Enrico Scrovegni e un teologo che offrono la cappella alla Madonna. Il tutto è collocato in un grande cielo sereno e vuoto a valorizzare la trifora del finestrone che simboleggia la Trinità. Due angeli in alto arrotolano il cielo e mostrano lo splendore dorato della Gerusalemme celeste.
L’inferno è invaso dal fiume di fuoco che sgorga dalla mandorla del Cristo e si divide in quattro bracci impetuosi che trasportano i dannati nel mondo delle tenebre dominato da Satana nudo che sbrana i dannati seduto in posa simile a quella del Cristo.
Da notare come le proporzioni delle figure obbediscono sempre a criteri gerarchici, anche se il realismo di Giotto è molto più accentuato. Inoltre la disposizione delle figure, calma e ordinata per i beati, caotica e furiosamente movimentata per i dannati, ne visualizza gli stati d’animo di beatitudine e di terrore.
Completamente diversa è l’impostazione del Giudizio del Beato Angelico, in questa grande tempera del 1431, dovuta sia alla destinazione dell’opera come fastigio di un coro, sia alle nuove visioni prospettiche dell’epoca.
La parte superiore ha un impianto tradizionale con il Cristo giudice nella mandorla luminosa incorniciata dalla ghirlanda di cherubini e da una doppia ghirlanda di angeli. In basso un angelo porta la croce e due angeli suonano le trombe, ma appaiono come figure secondarie inserite nella ghirlanda. Ben più importanti sono la Madonna e San Giovanni Evangelista sovrapposti alla ghirlanda. Ai lati santi e patriarchi dell’Antico e Nuovo Testamento disposti in due file, seduti nella fila anteriore, in piedi nella posteriore.
La parte inferiore ha un’impianto decisamente prospettico, accentuato dalla fila centrale di loculi e dal sarcofago vuoti a raffigurare l’avvenuta risurrezione della carne. Il centro della scena è un cielo sereno e vuoto, a simboleggiare il regno celeste. Ai lati troviamo la consueta disposizione del paradiso a sinistra e dell’inferno a destra, e c’è ancora la tranquillità dei beati e il tumulto dei dannati, però la disposizione dei corpi è realistica e prospettica, non più rituale e descrittiva.
Alle estremità sinistra e destra vediamo il paradiso come un giardino in cui gli angeli danzano in cerchio alla musica delle sfere celesti, e l’inferno come una grande caverna in cui i dannati sono raggruppati secondo il loro peccato e la pena che devono subire per contrappasso.
Hans Memling ha dipinto a olio su tavola questo trittico del Giudizio Universale fra il 1467 e il 1473. L’impostazione della tavola centrale è divisa in due zone, il cielo che però è nero, rischiarato appena da una luce biancastra all’orizzonte, e dorato sopra le teste degli apostoli, e la terra, teatro di lotta e di conquista fra angeli e demoni che si contendono le anime degli umani.
Il Cristo è sempre al centro della composizione, ma è alla pari con l’arcangelo che indossa un’armatura ferrea e lucida. Il Cristo risorto è nudo col mantello rosso della Passione, secondo la tradizione iconografica fiamminga, e sopra di lui quattro angeli in volo mostrano, oltre ai segni della passione, il giglio della misericordia e la spada della giustizia, due vettori che puntano sulla sua testa. E’ seduto sull’arcobaleno e poggia i piedi sul globo terrestre, intorno al quale angeli volanti suonano le trombe per risvegliare i morti. Ai lati del cristo sono seduti solennemente gli apostoli, e inginocchiati davanti sono la Madonna e il Battista.
Michele Arcangelo è l’esecutore del giudizio, con una grande bilancia su cui pesa i corpi risorti. Il paesaggio terrestre è unico e rappresenta un terreno brullo e pianeggiante. A sinistra si vede un angelo in tunica bianca che lotta con un diavolo nero per contendersi un malcapitato, e dal basso verso l’alto i corpi si svegliano, si alzano e appena giudicati si avviano verso l’anta di sinistra dove è raffigurata la porta del paradiso, in stile gotico, che porta sul ballatoio un’orchestra di angeli musicanti. I beati sono controllati da San Pietro e da un angelo e, appena approvati, vengono rivestiti dagli angeli e accompagnati verso la porta. A destra ci sono i dannati che vengono afferrati e spinti dai diavoli ad accalcarsi verso l’entrata dell’antro infernale, che è rappresentato nell’anta destra, dove il movimento segue un tragitto opposto. Si parte dall’alto con l’antro buio che man mano diventa infuocato, con un angelo che suona l’inesorabile tromba del risveglio, e si vedono i corpi che precipitando nel vuoto finiscono nelle fiamme incalzati e picchiati dai diavoli. Il pittore, per rappresentare il disordine e la confusione del peccato, si sbizzarrisce nel disporre i corpi nudi nelle pose più strane e movimentate.
Jacopo Tintoretto, Giudizio Universale, Chiesa della Madonna dell’Orto, 1563. La scena non è più divisa in zone, perché tutto è in movimento: anime, corpi, nudi, vestiti, santi, beati, dannati, angeli e demoni, nuvole e rocce, pieni e vuoti, chiari e scuri. Le dimensioni delle figure non tengono più conto di livelli gerarchici di importanza, ma sono grandi e piccole solo se vengono avanti o vanno indietro. La composizione per diagonali è tipica del Tintoretto. I temi iconografici del racconto apocalittico ci sono tutti, ma non c’è più la distinzione fra gruppi ordinati e gruppi caotici, ed è difficile individuarli nella vorticosa confusione generale.
Il punto di vista è basso, in modo che dalla metà del quadro in su le figure hanno arditi scorci visti dal basso. Beati e santi si accalcano sulle nuvole che li trasportano in cielo in mezzo agli angeli con i simboli della passione. I dannati vengono realisticamente trascinati in basso dalla cascata di un fiume, e vanno a sprofondare nel buio.
In cima appare il Cristo Giudice come un giovane su cui puntano i vettori del giglio e della spada, seduto su una nuvola temporalesca su cui si accasciano la Madonna e il Battista, mentre subito sotto di lui martiri e santi lo guardano dal basso in alto come per capire che intenzioni abbia.
Giambattista Tiepolo, bozzetto per la decorazione di un soffitto, mai realizzata. 1730-35. Con ardito effetto di trompe l’oeil il Tiepolo immagina di vedere la scena celeste del Giudizio dal punto di vista di chi sta risorgendo. Tutte le figure sono viste dal basso. La composizione raggruppa al centro Gesù che appare sbucando da dietro il globo terrestre e una nuvola luminosa, e gli angeli che gli si raggruppano intorno con i segni della passione, le trombe e il libro canonico. Altri angeli svolazzano tutto intorno come se fossero appena arrivati e abbiano fretta di unirsi al gruppo centrale.
A sinistra il gruppo dei beati è organizzato come un triangolo col vertice in basso a sinistra che si apre verso l’alto e la destra, e i risorgenti sono visti come naufraghi sofferenti che implorano soccorso. Uno di essi è riuscito a salvarsi saltando dentro la nuvola più bassa. A destra i dannati si mostrano appena al di sopra della roccia scura, e invece di implorare, sembrano voler allontanare l’apparizione che considerano una minaccia.
La narrazione visiva non è più illustrativa e didascalica come nelle opere precedenti, ma si limita a cogliere solo un momento della storia, dove non c’è più nemmeno la differenziazione compositiva fra beati e dannati, santi, angeli e umani.
La disposizione degli elementi in un insieme organizzato la troviamo nell’urbanistica, nell’architettura e nel design. Gli insediamenti urbani possono svilupparsi in modo spontaneo, non governato, oppure in modo pianificato secondo schemi a reticolo o a struttura radiale o come città giardino. L’architettura può organizzare gli elementi di un edificio o di un complesso di edifici secondo schemi modulari o strutture gerarchiche, sviluppandosi verso l’alto come i grattacieli, o sul piano come gli edifici monopiano, i comprensori di villini o bungalow, le case a schiera. Il graphic design dispone nella pagina cartacea o web titoli, immagini, blocchi di testo, in modo da facilitare la leggibilità e la comprensione dei contenuti.
Ippodamo di Mileto, vissuto nel V sec. a.C., è stato il padre dell’urbanistica con la progettazione della sua città e del Pireo, e con le sue strutture ortogonali ha ispirato l’urbanistica romana sviluppata intorno agli assi perpendicolari del cardo e del decumanus.
In alto a sinistra la pianta per la ricostruzione della città di Palmi in Calabria, distrutta dal terremoto del 1783, chiaramente ispirata all’urbanistica ippodamea, ha lasciato la sua impronta nella struttura ortogonale del centro storico, come si vede nell’immagine satellitare a destra, intorno a cui si è sviluppata una urbanistica non pianificata.
In basso a sinistra il centro storico di Berna, che si è sviluppato spontaneamente in base all’ansa del fiume e alla principale via che la attraversa con il ponte.
A sinistra il blocco del cimitero di San Cataldo di Modena del 1971, opera dell’architetto razionalista Aldo Rossi, è strutturato secondo un rigoroso pattern atonale basato sul modulo quadrato.
A destra la facciata gotica del Duomo di Orvieto iniziata da Lorenzo Maitani ai primi del 1300 e terminata da Ippolito Scalza nel 1500, dispone gli elementi di varia natura in modo simmetrico e gerarchico, con i triangoli che spingono lo sguardo verso l’alto.
Anche nella disposizione degli elementi interni valgono gli stessi criteri compositivi e percettivi. A sinistra il soffitto a volte nervate della chiesa di Saint Eustache a Parigi, un’opera del ‘600 ancora in puro stile gotico, che ha un’impostazione gerarchica e simmetrica intorno al motivo della croce. A destra il soffitto del Duomo di Pisa, in legno dorato e intagliato a lacunari, che si estende nella navata centrale, nel transetto e nel presbiterio e fu eseguito da Domenico e Bartolomeo Atticciati tra il 1596 e il 1602, ha un’impostazione atonale e modulare.
Anche nel graphic design la disposizione riguarda il modo di combinare gli elementi della pagina, che possono essere inseriti in rigorose gabbie formali o fluttuare liberamente a seconda del tipo di lavoro e del gusto del grafico.
A sinistra vediamo un poster di Emil Ruder, il grande grafico e tipografo svizzero, con un contrasto estremo fra i grandi caratteri del titolo e il piccolo blocchetto del testo informativo. Il titolo in genere va trattato come un’immagine, ma in questo caso assume anche il ruolo di iillustrazione del gran ballo mascherato, visualizzato dalle inclinazioni delle lettere.
A destra un modello di gabbia di impaginazione di un giornale con la prima pagina e le pagine interne. Gli elementi si combinano in vario modo in base ai contenuti e all’importanza delle notizie, ma rispettano sempre la scansione nelle quattro colonne, anche se si estendono su più colonne.
Quando si impagina per il web bisogna tener conto dei diversi dispositivi con cui verrà visualizzata la pagina, e delle interazioni del lettore che può ingrandire o impicciolire il formato e scorrere la pagina in su e in giù.
Nell’immagine si vede un esempio di una pagina del mio sito di arte www.umbertosantucci.com dove i numerosi elementi si riorganizzano in modo diverso se visti su un grande monitor, in alto, su una tavoletta, in basso a sinistra, su uno smartphone in basso a destra, dove le immagini e relative didascalie si vedono l’una dietro l’altra con lo scroll.