Buona forma o pregnanza

atlante  gestione a vista

La buona forma o pregnanza è un fattore strutturante della percezione, per cui forme ambigue, incomplete o leggermente asimmetriche tendono ad essere percepite più definite, complete e simmetriche di quanto non siano in realtà.

La legge della pregnanza formulata da Kurt Koffka dice che l’organizzazione psicologica è sempre tanto “buona” quanto lo permettono le condizioni dominanti. Ovvero, considerate le condizioni in cui mi trovo – il mio punto di vista, la distanza, la luce, la presenza di altri oggetti o di situazioni che migliorano o disturbano la visione – tendo a configurare ciò che vedo come la forma più buona possibile, dove per “buona” si intende regolare, simmetrica, omogenea, semplice, sintetica, riconoscibile, coerente, ossia costituita di parti che rispondono tutte agli stessi criteri.

Per comprendere meglio il processo di semplificazione della nostra percezione visiva, seguono alcuni esempi di configurazionecompletamento e disambiguazione delle figure, distinzione e disambiguazione delle figure dal fondo, riconoscimento di pattern noti in immagini distorte o diverse, come volti umani, personaggi famosi, soggetti arcinoti.

Configurazione

La configurazione o gestalt è l’operazione generale con cui cerchiamo di dare un senso all’insieme di ciò che vediamo, strutturandone gli elementi, semplificandolo, separando la figura dallo sfondo.

buona forma

E’ più facile vedere due poligoni uguali che si sovrappongono, invece di tre poligoni irregolari affiancati. Se invece tutti e tre i poligoni sono irregolari, o il poligono centrale è più regolare e simmetrico degli altri due, l’effetto sovrapposizione scompare.
Lo stesso accade con il cerchio e il quadrato, che se formano una struttura simmetrica perdono l’effetto di sovrapposizione.

E’ la donna che tiene in braccio l’uomo, o l’uomo che tiene in braccio la donna? Le posture insolite ci portano a interpretazioni ambigue, fra cui scegliamo in base alle nostre esperienze, alle nostre conoscenze, ai nostri bias cognitivi.

percezione del cubo

I 12 segmenti nella figura di sinistra sono organizzati in una figura chiusa, simmetrica e ordinata, un esagono regolare diviso in triangoli uguali, per cui è difficile interpretarlo come un cubo tridimensionale.

Nella figura di centro invece si organizzano solo come un cubo, anche se resta l’ambiguità fra quali siano la faccia anteriore e quella posteriore.

Nella figura di destra vediamo un cubo dietro un piano bianco con otto buchi circolari, che ha più senso ed è più semplice di quanto con siano otto cerchi neri con tre settori ciascuno.

La configurazione semplificante ci fa vedere il logo Adidas come un triangolo con la scritta che fa da base e le tre fasce tipiche della marca che completano il triangolo. Anche nel logo della compagnia aerea Garuda vediamo i sei segni azzurri e blu come un insìeme che forma un uccello in volo da sinistra verso destra.

Completamento

Tendiamo a completare e correggere forme che ci sembrano difettose, non concluse, non del tutto rispondenti alla struttura più forte a cui le riferiamo.

completamento gestaltico

Ci riuscirebbe difficile dire che la figura blu è un pentagono irregolare, perché la vediamo come un quadrato a cui manca un angolino. Facciamo lo stesso completamento mentale con il cerchio rosso. Il completamento è ancora più marcato con il quadrato bianco che “poggia” su quattro piedini circolari marrone, perché la percezione costruisce un’immagine inesistente, giacché i segni grafici sono solo quattro tre/quarti di cerchio.
Completiamo anche i cinque cerchi olimpici vedendoli come cerchi interi intrecciati fra di loro, invece che come cerchi “aperti”. Interpretiamo le due strane figure rossa e blu come una C inscritta in un quadrato nel marchio della Carrefour.
E’ sempre il completamento della buona forma che ci fa riconoscere come un volto sorridente il famosissimo emoticon fatto con i tre segni di interpunzione. Se i segni sono abbastanza lontani l’uno dall’altro, li percepiamo come tali e non vediamo il volto, che già appare quando li avviciniamo, ed è evidente quando rovesciamo l’immagine raddrizzando la struttura del volto a scapito della punteggiatura.

figure sovrapposte

Come accade nei casi del quadrato e del cubo “fantasmi” che abbiamo visto, interpretiamo le parti mancanti della buona forma – i cerchietti o il cubo  – come parti nascoste da altre figure ad esse sovrapposte, come il quadrato bianco e il piano bianco con i buchi.

Le figure sovrapposte si trovano già nella pittura egizia, come in questo frammento del 1430 a.C. che raffigura mandriani e buoi. Il pittore rappresenta per intero il bue che sta davanti, e solo con i profili anteriori o con immagini parziali gli altri buoi che stanno dietro e vengono nascosti dal primo.

I monumenti impacchettati da Christo rivelano l’essenza della loro forma forte e riconoscibile proprio per il fatto di essere temporaneamente nascosti. Il fascino dell’installazione di land art sta proprio nel negare la visione per stimolare l’immaginazione, in un gioco paradossale ed esasperato di visione debole e incompleta e configurazione forte e completante.

limousine

La sovrapposizione può dare luogo a configurazioni ambigue o errate, come è il caso della prima immagine che può essere interpretata come una limousine dietro un torrione, oppure come due auto uguali dietro il torrione. In realtà si tratta di una limousine, come mostra la terza immagine non ritoccata. Ma essendo un modello di auto assai poco diffuso, stenta a venire in mente dopo la prima occhiata, rispetto alla soluzione assai più consueta delle due auto.

completamento buona forma

Tendiamo a completare elementi seminascosti da una figura come figure intere e forti, anche se differiscono dall’insieme delle altre figure interamente visibili. I due cani della fila superiore possono essere visti come un cane più lungo degli altri. I quadratini seminascosti dai cerchi rossi possono essere immaginati come un quadrato più grande degli altri, o come una croce, anche se sono uguali a tutti gli altri quadratini neri.

yu jian mercato di montagna particolare

L’attività cerebrale del compltemanto di immagini indistinte opera sia a livello razionale, sia a livello emotivo, perché le figure immaginate o intuite muovono dal subconscio e ci sembrano misteriose, inquietanti, seducenti. La pittura zen cinese e giapponese, con i suoi veloci e sintetici tocchi di pennello, ci stimola a immaginare, più che a vedere, paesaggi con montagne e fiumi, barche e case di pescatori, il tutto affiorante appena dalla nebbia, che nel pensiero zen rappresenta il vuoto nulla che abbraccia l’illusorietà di figure impermanenti, come si vede in questo particolare del Mercato di montagna di Yu Jian, pittore-monaco cinese della dinastia Song, intorno al XIII sec.

William Turner, tempesta, 1842

William Turner dipinge questo Vapore in una tempesta di neve nel 1842, dopo essersi trovato a vivere un’esperienza simile. La nave scompare quasi nel turbine che diventa il dominatore del campo. Il fascino di questa pittura consiste proprio nel far vedere e non vedere, e le vedute nebbiose o tempestose del pittore inglese saranno precorritrici delle vedute impressioniste.

Monet, Impression

Claude Monet dipinse Impression, soleil levant dalla sua camera d’albergo durante un soggiorno a Le Havre nel 1872, e lo espose in una mostra organizzata dal fotografo Nadar nel 1874, da cui venne fuori il nome “impressionisti” appioppato agli artisti che vi erano esposti, e che poi rimase al famoso movimento artistico.
La pittura veloce, di getto, coglie un momento di luce e di riflessi sull’acqua, dove tutto il resto diventa indistinto perché non deve descrivere e rappresentare, ma solo rendere l’impressione di ciò che l’artista vede e ha urgenza di fermare sulla tela.

ernst haas giostra

Ernst Haas ha studiato molto il mosso per esprimere nell’immagine fissa la sensazione del movimento, e per evitare la cristallizzazione della vita reale in istanti isolati. In questa sua Giostra ripresa a Londra nel 1950 le scie del mosso servono proprio a evocare la sensazione del movimento circolare, che a mala pena fa distinguere le persone e la struttura della giostra, lasciando a noi il compito di completarle a modo nostro.


Figure e sfondo

La buona forma ci aiuta a distinguere le figure dallo sfondo, a scegliere e portare in primo piano ciò che ci interessa, e in secondo piano tutto il resto. Nella produzione di immagini ci aiuta a creare figure ambigue e mimetiche, oppure a differenziare la figura staccandola dallo sfondo.

escher cielo e acqua

Maurits C. Escher, Cielo e acqua, 1938. In alto e in basso non ci sono dubbi su quali siano le figure e quale lo sfondo. Andando verso la zona mediana invece la situazione si fa più ambigua per accompagnare occhio e mente a configurare il passaggio da “figura bianca/sfondo nero” dei pesci a “figura nera/sfondo bianco” degli uccelli, giacché non si può nello stesso momento vedere una figura come sfondo e viceversa. Le figure sono ricche di informazioni visive che mancano nello sfondo, quindi andando verso la zona mediana c’è un impoverimento di informazioni da una parte, e un arricchimento dall’altra. In alto e in basso le figure hanno le buone forme di uccelli e pesci, mentre gli sfondi non hanno né forme forti né contorni chiusi.

caprifoglio

La nitidezza di una forma ci aiuta a considerarla come figura anche di fronte a forme simili ma sfocate. Ciò dipende dal fatto che la nostra visione centrale è più nitida della visione periferica, e quindi giriamo il capo per mettere al centro della visione ciò che più ci interessa rispetto a tutto quello che appare nel nostro campo visivo. Quindi la parte nitida di un’immagine, anche se tutto il resto è sfocato, ci dice che quello è il soggetto dell’immagine, la cosa principale da guardare.


Riconoscimento

La pregnanza è alla base del riconoscimento delle immagini e delle forme in genere. Più la forma che vediamo ci ricorda forme a noi ben note, più ci è facile e naturale configurarla e darle significato. Riconosciamo immediatamente il viso di una persona cara, anche se lo vediamo fra tanti altri visi. Oppure riconosciamo un personaggio famoso anche se ne vediamo varianti, caricature, parodie.
Riconoscere le immagini assimilandole a forme forti o perché semplici e b asilari o perché a noi ben note fa parte dei processi di semplificazione mentale con cui cerchiamo di comprendere la complessità in cui viviamo, di ridurre la molteplicità e varietà di stimoli che ci colpiscono ad ogni istante, riconducendoli ad un numero limitato di tipologie.

riconoscimento scritte

Nelle forme di sinistra è facile riconoscere le lettere A, M, O e la parola “amo”, con una configurazione completante che ce le fa vedere come bassorilievi. E’ difficile invece nel graffito di destra riconoscere lettere, perché prevale la forma generale dell’immagine con l’effetto di rilievo, a meno che non si sappia che la parola è STAR. Ma anche in questo caso si fa una certa fatica percettiva.

gioconda parodie

Se invece la figura rappresenta qualcosa di molto noto, essa è riconoscibile anche se è fortemente contraffatta. E’ il caso della povera Gioconda che, come prezzo della sua fama, ha dovuto sopportare centinaia di imitazioni, parodie, contraffazioni di ogni genere, dall’Autoritratto di Salvador Dalì fino alla dissacrante gattona. Tuttavia l’icona è talmente forte nel nostro immaginario, che resta sempre riconoscibile.

urlo e gioconda caricatura

Tutto questo avviene perché ciò che si vede è più o meno comprensibile in base a ciò che si sa, come avviene per le caricature e le vignette umoristiche. In questo caso il quadro/icona di Munch diventa un Urlo di orrore nel vedere come si è ridotta la bellezza leonardesca dopo una tresca con un Botero qualunque. C’è anche un’altra trasgressione: i due personaggi escono dalla cornice, come se volessero animarsi e incontrarsi.