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Antropomorfismo e zoomorfismo

atlante – gestione a vista

L’antropomorfismo e lo zoomorfismo definiscono la tendenza ad attribuire caratteristiche umane e animali a ciò che si percepisce o si immagina.

Il nostro stesso modo di pensare ci pone al centro del nostro universo, in cui noi proiettiamo la nostra umanità fin da bambini, quando animiamo oggetti, piante, animali, attribuendo loro sentimenti ed emozioni che ce li fanno sentire in qualche modo simili, e dunque comprensibili. L’uomo ha attribuito fattezze e comportamenti umani al creatore del mondo in molte culture primitive, ha personificato idee e strutture socioculturali, e dunque l’antropomorfizzazione va dalla cosmologia e dalle mappe celesti fino ai personaggi di Disney.

L’antropomorfismo va distinto dall’antropocentrismo. Io posso considerarmi al centro dell’universo ma lasciare alle costellazioni la loro natura stellare, oppure posso riconoscere in una montagna un profilo umano senza sentirmi al centro del mondo.

Antropomorfismo e zoomorfismo nascono dalla tendenza percettiva a configurare ciò che si vede secondo forme forti e ricorrenti, che vanno dalle figure semplici della geometria euclidea alla struttura simmetrica del volto e del corpo umano, oppure alle forme di animali comuni come il toro, il gatto, il lupo. La configurazione porta alla personificazione, specialmente nel caso di concetti astratti, che di per sé non hanno forma né struttura percepibili. Ecco dunque che la Verità diventa una donna nuda, la Giustizia una donna togata con la bilancia, il peccato originale è un frutto proibito che un serpente offre alla donna primigenia. E gli dei sono eroi umani trasfigurati, uomini e animali capaci di amare e odiare, a volte benevoli, altre volte rancorosi e avidi di sacrifici. Anche la mentalità moderna, tecnologica e razionale, tende a dare personalità ad aziende, città, organizzazioni, entità come la finanza, la politica, le istituzioni pubbliche. E l’ultima frontiera della personificazione è la creazione stessa della persona artificiale, l’automa umanoide dotato di sensori e intelligenza.

In ottica di problem solving antropomorfismo e zoomorfismo sono riduttori di complessità e di estraneità. La Borsa con le sue fluttuazioni è un toro che può scatenare la sua furia ma che possiamo domare. La lotta operaia negli anni ’60 e ’70 organizzava scioperi a “gatto selvaggio”. Era difficile rappresentare il Nilo le cui sorgenti erano ignote, se non con un uomo nudo col capo velato, come fece il Bernini nella fontana di Piazza Navona a Roma. Se personalizzo qualcosa lo rendo più simile a me, e quindi più comprensibile.

Possiamo personalizzare entità percepibili, come venti e fulmini, mari, montagne, o immaginarie come divinità, spiriti, astrazioni. Umanizziamo tutto quello che vogliamo renderci amico, comprensibile, alleato, disumanizziamo tutto quello che vogliamo rendere alieno, nemico, ostile. Una delle strutture riconoscibili più forti resta sempre il volto umano.

Entità percepibili

nuvole antropomorfe e zoomorfe

Capita di riconoscere nelle forme delle nuvole figure umane o animali, come il volto di donna o l’orsacchiotto a pancia all’aria. Lo stesso accade per macchie sul muro o sulla carta. Leonardo da Vinci suggeriva di osservare le macchie sui muri per trarne ispirazione, e lo stesso fanno diverse scuole di pittura tradizionale cinese e giapponese che partendo da macchie casuali di inchiostro le trasformano in vedute di montagne, laghi, scene di vita.

montagne antropomorfe

Il profilo del Gran Sasso visto dal pescarese è chiamato “la bella addormentata” perché sembra una donna distesa. 

Il Soratte visto dall’Autostrada del Sole un po’ più giù di Orte sembra un profilo di uomo che durante il ventennio fascista veniva identificato nel Duce, a conferma che più una forma è forte e radicata nell’immaginario collettivo, più è riconoscibile anche in forme più deboli.

La grande roccia davanti alla piramide di Giza è addirittura modellata in senso zoomorfo (un leone accucciato) e antropomorfo (la testa umana, probabile ritratto del faraone Chefren), per rappresentare un essere immaginario, la Sfinge, che nelle varie culture dall’Asia agli Assiri all’Egitto fino alla simbologia massonica assume le sembianze di animali con testa umana ed è a volte mostro divoratore e strangolatore, a volte forza protettrice che dalle viscere della terra si rivolge al sole per proteggere il faraone defunto.

Ancor più ambiziosa è stata la scultura delle teste dei quattro presidenti degli Stati Uniti nelle balze di granito del monte Rushmore nel Dakota, fatta dal 1927 al 1941. Anche in questo caso la conformazione naturale è stata piegata a rappresentazioni antropomorfe.

durer mappa celeste

Fin dagli assiro-babilonesi e dagli egizi, nella fascia celeste in cui transitano sole, luna e pianeti sono state individuate costellazioni a cui sono stati associati animali e umani, da cui sono derivati i dodici segni dello zodiaco ancora usati nell’astrologia attuale. Albrecht Dürer ha raffigurato i segni zodiacali nella xilografia del 1515 che rappresenta la mappa celeste boreale.

Zeus messapico

Nella mitologia greca il fulmine era lanciato da Zeus per manifestare la sua ira. Lo Zeus di Ugento è una pregevole statua bronzea messapica realizzata a Taranto nel 530 a.C. e rappresenta Zeus nell’atto di scagliare il fulmine brandendolo come se fosse una lancia. 

Sarà poi nel I sec a.C. che il poeta epicureo Lucrezio Caro spiegherà che i fulmini non sono causati dall’ira divina, ma da nuvole dense che scontrandosi liberano “semi di calore” che il vento spinge a diventare fulmini, a cui segue il tuono e rovesci di pioggia che cadono dalle nubi che si spezzano nell’urto. Le particelle sono talmente piccole che il fulmine passa attraverso ogni ostacolo.

Entità immaginarie

gorgone alata

Nella mitologia greca le Gorgoni erano tre sorelle, Steno, Euriale e Medusa. Erano mostri con ali d’oro, mani di bronzo, capelli di serpenti, occhi che pietrificavano chi li guardasse. Medusa era la loro regina, ma era la sola mortale, tanto che fu uccisa da Perseo. Le Gorgoni rappresentavano tre tipi di perversione: Euriale la perversione sessuale, Steno la perversione morale e Medusa la perversione intellettuale. La Gorgone alata in corsa è rappresentata in questa lastra fittile del 570 a.C. conservata nel Museo Archeologico di Siracusa. Le Gorgoni erano spesso raffigurate su antefisse e metope per decorare templi con funzione apotropaica, ossia per allontanare spiriti maligni scoraggiandoli con la stessa loro malvagità.

occhi divini

A sinistra, l’occhio rappresenta Horus nella religione egizia, a significare prosperità e rigenerazione del defunto, ma anche il potere del sole. E’ pure usato come unità di misura aritmetica per frazioni.
Al centro l’occhio di Buddha è altrimenti detto Occhio di Saggezza, e rappresenta gli occhi fissi nella meditazione, il terzo occhio al centro e un segno al posto del naso a simboleggiare la ricerca dell’illuminazione.
A destra l’occhio racchiuso in un triangolo è un simbolo religioso, esoterico e massonico per rappresentare Dio, la perfezione, la trinità. la provvidenza.

Gnomi, elfi, leprecauni, mazzamorelli, pantafiche, streghe, fate, sono tutte personificazioni di piante, boschi, grotte, stati d’animo, forze che ci aiutano o ci ostacolano e si trovano in tutte le culture. A volte hanno forme umane, altre volte animali, come le ninfe, le sirene, i fauni. Li incontriamo fin da bambini nelle favole, nei cartoni animati, nei giocattoli, e servono per sdrammatizzare i sentimenti di aggressività, paura, odio, amore che vanno formando le piccole personalità infantili.

 
bernini, Verità

I concetti astratti per essere visualizzati hanno visogno di incarnarsi in figure umane o animali, come è il caso di questa Verità scoperta dal Tempo del Bernini, visibile nella Galleria Borghese di Roma. La donna tiene in mano il sole dal volto umano che fa luce sui fatti da chiarire. Bernini ha scolpito questo gruppo per sé dal 1645 al 1652, amareggiato per le polemiche col Borromini, e non è riuscito a finirlo perché non ha più scolpito la figura del Tempo.

 

Umanizzazione e disumanizzazione

Il processo di umanizzazione è molto marcato nel nostro rapporto con gli animali domestici, in special modo quelli da compagnia come cani e gatti. Si comincia col dare un nome al proprio animale, poi gli si attribuiscono sentimenti, pensieri, emozioni di tipo umano più che animalesco, fino a creargli esigenze come cappottini e altre cose del genere che finiscono col costringere il povero animale in una antropomorfizzazione di cui farebbe volentieri a meno.

Altra cosa è il normale e sano rapporto con l’animale che viene rispettato come tale, e che può aiutare noi umani a sviluppare la nostra comunicazione non verbale e le nostre relazioni, dalla vita delle persone sane alla terapia con animali per persone disturbate o in condizioni di isolamento e debolezza.

Walt Disney ha costruito i suoi personaggi più famosi come umani animalizzati o come animali umanizzati, come è il caso di Pluto che resta un cane ma si comporta spesso come un umano, e Pippo che è un uomo canino, tanto che ha bisogno di vestirsi con tanto di cappello e guanti, e arriva perfino a portare a guinzaglio il suo cane Pluto.

Il processo di umanizzazione è usato da Disney per renderci amichevoli e simpatici i personaggi dei cartoni, ma anche nei suoi documentari e film sulla natura gli animali vengono marcatamente umanizzati per renderceli più familiari.

 
centauromachia

La disumanizzazione del diverso per renderlo un nemico, o del nemico per renderlo un diverso, la troviamo già nella Grecia classica, che chiamava “barbari” quelli che “parlavano come gli uccelli”, ossia con lingue diverse dal greco. La Centauromachia è un motivo ricorrente nella decorazione dei templi greci, sia nei frontoni che nelle metope dei fregi sopra le colonne. La lotta degli uomini contro i centauri simboleggia la guerra fra greci e persiani, dove i greci sono gli uomini e i nemici sono i centauri, esseri alieni metà uomini e metà cavalli, comunque diversi dagli uomini apollinei che sono simili a noi, quindi amici.

prigionieri nel lager

La disumanizzazione degli avversari ha raggiunto i suoi livelli più estremi nei lager nazisti, dove i prigionieri sono privati del nome, sostituito da un numero, dell’identità data loro da vestiti, acconciature, accessori, per renderli tutti uguali, esseri di razza inferiore da eliminare appena possibile senza rimorsi e senza scrupoli, data la loro diversità.  Ancor oggi i nemici sono neri, gialli, gay, zingari, musulmani, naziskin, ossia tutto meno che persone come noi, che siamo dalla parte del giusto e della vera umanità. Anche se, a furia di disumanizzare gli avversari, i disumani diventiamo proprio noi.

Livelli diversi di configurazione

La configurazione delle percezioni visive in forme umane o animali avviene secondo diversi livelli di verosimiglianza o di astrazione, dall’identificazione alla simbologia. Abbiamo così uomini uguali a me o diversi da me, animali domestici o selvatici, uomini che diventano animali in tutto o in parte, animali inesistenti, fino alle astrazioni dei calligrammi, dei simboli e dei marchi, sempre però con configurazioni antropomorfe e zoomorfe.

united colors

Uomini simili ad uomini, uomini diversi da uomini. Se al di là dei colori della pelle e delle caratteristiche razziali io vedo un essere umano uguale a me, è un amico, ed è il senso della campagna “United colors” di Benetton, firmata da Oliviero Toscani nel 1984, dove giovani di apparenza diversa si abbracciano  nella loro nudità che li rende tutti uguali, e perciò solidali e capaci di capirsi e di amarsi.

All’opposto, evidenziare le diversità serve a suscitare intolleranza e odio verso persone che non sono come noi, e quindi non hanno e non devono avere i nostri stessi diritti.

 

Animali domestici e selvatici. Lo zoomorfismo porta ad attribuire ad animali caratteristiche umane, quindi rende buoni o cattivi animali che di per sé sono al di fuori da responsabilità morali. Gli animali domestici o i cuccioli, per noi impersonano i buoni, o le vittime innocenti, perché ci ispirano simpatia e tenerezza. Gli animali selvatici, i grandi carnivori, impersonano i cattivi, i carnefici spietati e spesso ingiusti. Ne è un esempio la favola di Fedro “Il lupo e l’agnello” qui raffigurato in una miniatura medievale, dove il benbe e il male sono rappresentati anche dai colori bianco e nero.

 

L’uomo che si fa animale, e viceversa. Metamorfosi di Franz Kafka, scritto nel 1912, è un racconto in cui un commesso viaggiatore si sveglia la mattina e si accorge che è stato trasformato in un enorme insetto. La metafora zoomorfa serve a rappresentare il dramma dell’uomo alienato in una società alienata che sta diventando moderna con disumanizzante inesorabilità. 

Oltre alle sirene e alle Arpie, un esempio classico di uomo che si fa animale è nelle Metamorfosi di Apuleio (II sec. d.C) dove il protagonista Lucio diventa asino. Al contrario succede nella fiaba dei Grimm Il principe ranocchio, dove la principessa scioglie l’incantesimo con cui il principe era stato trasformato in ranocchio e lo fa ridiventare uomo.

Gli animali inesistenti portano all’estremo la diversità dell’animale selvatico, raffigurandolo come essere mostruoso che moltiplica o combina le sue membra come Cerbero, il cane infernale a tre teste, o come il drago che fin dall’antichità è un serpente alato o una combinazione di vari rettili, o la Chimera, qui rappresentata in una scultura bronzea etrusca di fine V sec. a.C., leone con coda di serpente e testa di caprone sul dorso, che fu uccisa da Bellerofonte, a confermare la superiorità dell’eroe umano anche di fronte ai più terrificanti mostri che incarnano le forze di una natura misteriosa ed ostile.

Animali simbolici. Lo zoomorfismo si è manifestato nei calligrammi arabi dal XVII sec in poi con cui gli scrivani, scrivendo frasi del Corano o epigrafi di personaggi eroici, componevano figure animali come leoni, tigri, uccelli.

Decorazione e calligrafia si sono enormemente sviluppate nell’arte islamica che, anche se il Corano non li vieta espressamente, considera blasfemo raffigurare esseri senzienti, quindi umani e animali. Ma sono numerosi i casi in cui la prassi viene aggirata, come è il caso di questi calligrammi zoomorfi.

Gli animali simbolici compaiono in tutte le culture, come la civetta sacra a Minerva, il leone, il toro, l’uroboro, il gatto, l’aquila.

Il livello di stilizzazione è molto elevato nel caso di marchi e logotipi. 

In alto vediamo marchi zoomorfi come quelli di Playboy, Jaguar, Twitter, Lacoste.

In basso marchi antropomorfi come l’icona del File Finder Mac, e i marchi dei prodotti per capelli Wella, degli elettrodomestici LG, fino al logo RAI che è sia zoomorfo (farfalla) sia antropomorfo (due profili).

 

Il pattern del volto umano

bruno munari volti

Bruno Munari si è divertito a disegnare tante variazioni del volto umano, per sperimentare fin dove ci si può spingere conservando il riconoscimento del pattern.

Il nostro antropomorfismo è talmente forte che riconosciamo le sembianze di noi umani anche nelle grafiche più astratte e sintetiche, come i cinque puntini della seconda immagine in seconda fila.

 
alberi con volto

Se nei giardini alcune piante vengono potate per dare loro forme artificiali, può capitare che casualmente forme naturali siano configurabili col pattern del volto umano. 

Più si guardano i particolari, più si vedono alberi e uccelli, più ci si allontana o si rimpicciolisce l’immagine, più risalta la configurazione antropomorfa del volto di una ragazza.

A sinistra una casa sull’arenile di Port la Nouvelle in Occitania, Francia. 

A destra le “Case di Kodra” di Civita, un borgo italo-albanese nel parco del Pollino in Calabria.

Non solo riconosciamo un volto nelle due facciate, ma attribuiamo loro anche uno stato emotivo, spaventato nella casa di sinistra, meravigliato in quella di destra. Questo accade perché l’antropomorfismo non è solo una configurazione visiva, ma cognitiva a tutto tondo: se le figure assumono un volto umano, possono esprimere gli stessi sentimenti che esprimerebbe un volto.