Teoria dei giochi

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La Teoria dei Giochi studia le modalità con cui individui, gruppi e organizzazioni prendono decisioni per ottenere un vantaggio in situazioni in cui altri soggetti fanno altrettanto. La teoria presume che i giocatori si comportino in modo razionale e strategico, senza abbandonarsi alle emozioni e tenendo conto delle mosse degli altri giocatori. La teoria perciò esclude giochi solitari e giochi di pura fortuna, in quanto manca l’elemento strategico dell’interdipendenza con altri.

La teoria classica è stata formulata nel 1944 da von Neumann e Morgenstern come teoria matematica probabilistica. E’ stata applicata con successo a problemi di economia, biologia, politica, psicologia. Moltissime interazioni sociali sono strategiche, dato che le scelte e le decisioni di ogni individuo coinvolto dipendono dalle sue credenze, attese e preferenze sul comportamento di quelli che partecipano allo stesso gioco.

Quando compio un’azione questa è parametrica se l’altro non reagisce (do un calcio ad un sasso), non parametrica se reagisce (do un calcio a una persona). Io posso tener conto della reazione o del comportamento degli altri (sfilo in processione come fanno gli altri) o non tenerne conto (mi accalco tra la folla per andare a prendere il treno, ognuno per conto suo).

La teoria dei giochi offre un buon supporto per lo studio dei comportamenti strategici (non parametrici e interdipendenti).
La teoria studia sia giochi codificati come tali (scacchi, poker) sia situazioni in cui due o più soggetti interagiscono in modo strategico (compravendita, negoziato, conflitto personale o militare).

La teoria non tiene conto dei giochi di abilità (ginnastica artistica, enigmistica) o di fortuna (lotto, roulette). Nell’analisi dei giochi di strategia, l’attenzione si concentra sull’interdipendenza delle decisioni di tutti i giocatori coinvolti e sulle loro attese circa il comportamento di ciascun altro.

Già nel ‘600 Pascal e Fermat sviluppano la teoria delle probabilità.
Negli anni quaranta e cinquanta la Rand Corporation radunava una trentina di premi Nobel fra cui c’erano i massimi teorici dei giochi, da Neumann a Nash. Nel 1950 studiarono il famoso “dilemma del prigioniero”, un gioco di cooperazione a cui si sono ispirati molti romanzi e film.

A partire dagli anni Sessanta la teoria classica è stata affiancata da approcci alternativi che si allontanano dalla teoria astratta per descrivere e spiegare diversi fenomeni del mondo reale. Oggi quindi è più corretto parlare di teorie dei giochi, includendovi fra le altre la teoria evoluzionistica e le teorie ad agenti basate su simulazioni al calcolatore.
I giochi possono essere di conflitto puro e di cooperazione pura, o a interessi misti. Al primo caso appartengono i giochi a somma zero, dove il vantaggio di un giocatore equivale alla perdita dell’altro. Al secondo caso appartengono i giochi in cui tutti i partecipanti vincono, come accade nella solidarietà e nella convivenza civile. Al terzo tipo appartiene la maggioranza dei giochi, poiché nella maggior parte dei casi si cerca di bilanciare vantaggi e svantaggi in modo da vincere senza umiliare l’avversario, o perdere col minimo dei danni.

Fra le strategie ricorrenti, maximin è la mossa che evita il peggio (massimizzare il risultato minimo). Dato che l’esito del gioco è incerto, perché dipende anche dalla mossa dell’avversario, nessun giocatore può essere sicuro di ottenere il risultato che considera migliore; tuttavia, può evitare con certezza il risultato peggiore.

Minimax invece è la mossa che minimizza il massimo vantaggio dell’avversario.

Una terza strategia consiste nell’eliminare le strategie dominate, che consistono in scelte meno vantaggiose di altre, che diventano strategie dominanti. Se un giocatore intuisce qual è la strategia dominata dell’avversario, può scegliere la sua mossa in modo strategico.

John Nash, il matematico americano che ha ispirato il film A beautiful mind di Ron Howard (2001), ha formulato la sua teoria dell’equilibrio. In un gioco finito, le strategie dei giocatori formano un “equilibrio di Nash” quando nessuno dei giocatori, dopo essere venuto a conoscenza della strategia adottata dagli altri, si pentirà della scelta fatta, perché rappresentava la migliore scelta che poteva fare, date le condizioni. Il concetto di equilibrio di Nash risponde al problema di determinare la soluzione di qualsiasi gioco, sulla base di pochi e generali principi di razionalità. Se le strategie dei giocatori sono in equilibrio, ognuno ottiene dal gioco il massimo che può aspettarsi, in base alle scelte razionali degli altri giocatori. Non sempre però un equilibrio di Nash è una buona soluzione. Molti giochi conflittuali, specialmente nell’economia e nelle scienze sociali, hanno più equilibri.

La teoria evoluzionistica sviluppa il concetto di equilibrio studiandolo nel mondo animale, e sostiene che il risultato dell’interazione dipende dalle strategie adottate da tutti i partecipanti, non dal solo individuo, in quanto esse sono schemi di comportamento istintivi acquisiti dall’ereditarietà genetica. I vantaggi ottenuti dai giocatori non esprimono vere e proprie preferenze per i diversi esiti del gioco, ma benefici come cibo, territorio, partner sessuali, che soddisfano sia bisogni immediati, sia obiettivi genetici di riproduzione della specie.

Una strategia vincente è la tit for tat, dove ogni giocatore risponde alla mossa dell’altro in modo cooperativo (se tu fai questo io faccio quello). Il protagonista della teoria classica dei giochi (e dell’economia neoclassica) è il razionale homo oeconomicus che cerca solo il massimo vantaggio per sé. Il protagonista della teoria evoluzionistica dei giochi è invece un agente irrazionale che replica inconsapevolmente la strategia che ha ereditato, quindi va considerato il contesto cognitivo del gioco, le caratteristiche percettive e mentali dei giocatori, il loro orizzonte culturale, le loro opinioni circa il “tipo” di concorrente che devono affrontare. Spesso gli individui tendono a comportamenti cooperativi.

I giochi sono a informazione totale se i giocatori sanno che cosa ha fatto e fa l’avversario e conoscono profitti e perdite reciproci (scacchi), o parziale se il giocatore vede solo alcune mosse o l’ultima mossa (poker).
Un gioco si dice cooperativo se c’è la possibilità per i giocatori di sottoscrivere accordi vincolanti, che possono essere di vantaggio ai singoli giocatori (bridge).

I giochi sono simultanei se il giocatore decide le mosse senza sapere che cosa stanno facendo gli altri giocatori, come accade nel Dilemma del Prigioniero, nelle vendite all’asta, nella morra cinese. Sono sequenziali se i giocatori agiscono secondo una successione particolare, come accade nelle contrattazioni o negli scacchi.

Un gioco può essere disputato una sola volta oppure può essere ripetuto più volte. Le strategie cambiano perché nel gioco ripetuto i giocatori tengono conto delle giocate precedenti e dei risultati che hanno prodotto. Un gioco che i partecipanti possono fare una sola volta è lo Squid Game protagonista della omonima serie coreana Netflix.