Dilemma del prigioniero

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Due persone sono state arrestate dopo una rapina in banca, e sono state messe in cella di isolamento. Un furbo inquisitore fa ad ognuno di loro la proposta: “se tu confessi e il tuo complice tace, ti libererò da ogni accusa ma userò la tua testimonianza per far condannare duramente l’altro. Se tu taci e il tuo complice confessa, tu sarai condannato e lui liberato. Se confessate tutti e due, sarete entrambi colpevoli ma io terrò conto del fatto che avete mantenuto la vostra parola. Se tacete tutti e due non posso considerarvi colpevoli della rapina, ma vi condannerò ugualmente per uso illegale di armi da fuoco. Se desideri confessare, devi lasciare una nota al carceriere prima del mio ritorno che avverrà domani mattina”

Il Dilemma del prigioniero è il gioco proposto da Merrill Flood e Melvin Dresher nel 1950, come parte delle ricerche sulla teoria dei giochi promosse dalla Rand Corporation per le possibili applicazioni ad una strategia nucleare globale. Il titolo “il dilemma di prigioniero” e la versione attuale si devono ad Albert Tucker che volle rendere più accessibili le idee di Flood e Dresher a un pubblico di psicologi di Stanford.

Il “dilemma” affrontato dai prigionieri è che, qualsiasi cosa faccia l’altro, ad ognuno dei due conviene più confessare che rimanere zitto. Ma se confessano tutti e due la conseguenza è peggiore che se ambedue fossero rimasti zitti. Un punto di vista comune è che l’enigma illustra un conflitto tra razionalità individuale e di gruppo. Un gruppo i cui membri perseguono razionalmente il proprio interesse può finire peggio di un gruppo i cui membri agiscono in modo contrario al proprio vantaggio razionale. Più generalmente, se si pensa che i vantaggi non rappresentino i propri interessi, un gruppo i cui membri perseguono razionalmente qualsiasi obiettivo può avere meno successo che se i suoi componenti avessero perseguito razionalmente i propri obiettivi individuali. E’ quanto accade anche nei grandi conflitti internazionali, come la guerra commerciale fra USA e Cina,  per esempio.

matrice del dilemma del prigioniero

La bimatrice, in cui ogni cella contiene una coppia di valori dei payoff (ricompense) dei due giocatori, descrive il dilemma che pone ai prigionieri queste condizioni:

  1. se solo uno dei due collabora accusando l’altro, chi ha collaborato evita la pena (0); l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere (7).
  2. se entrambi accusano l’altro, vengono entrambi condannati a 6 anni.
  3. se nessuno dei due collabora, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

Il dilemma del prigioniero riflette la tensione tra la razionalità dell’individuo, naturalmente portato ad essere egoista, e la razionalità di gruppo, rappresentata dal fatto che, se gli individui cooperano, riescono ad ottenere ambedue un risultato migliore invece del gioco a somma zero dove l’uno viene assolto e l’altro prende il massimo della pena.

Uno degli aspetti chiave da considerare è la durata della relazione tra i giocatori, siano essi individui. organizzazioni, istituzioni e perfino governi. Se la relazione è limitata ad un solo rapporto, come la situazione analizzata tra i due prigionieri catturati, la tendenza sarà quella di tradire. Tuttavia, nel mondo reale, le relazioni hanno in gran parte dei casi un carattere continuativo nel tempo: così è nei negoziati tra paesi, nelle relazioni commerciali tra aziende, fornitori e clienti e anche nei rapporti interpersonali. In questi casi ciascun giocatore nel valutare le sue scelte terrà conto di come la controparte si è comportata in passato e degli obiettivi futuri della relazione. La strategia migliore si è rivelata quella chiamata tit for tat, in italiano “colpo su colpo”, che prevede come prima mossa quella di cooperare, di non tradire mai per primi, e nelle mosse successive replicare la scelta precedente dell’avversario.

Se infatti incontriamo una controparte leale che ci risponde in modo altrettanto collaborativo, si determinerà subito un equilibrio di cooperazione soddisfacente per ambo le parti. Se però l’altro si comporta male, la strategia si vendica, ma poi è disposta a perdonare se l’altro si ravvede. In ral modo evita escalation di rappresaglia. In sostanza, ci conviene essere gentili per instaurare da subito rapporti di collaborazione mutualmente favorevoli; dobbiamo farci rispettare per evitare di essere sfruttati; infine dobbiamo essere disposti a perdonare per evitare situazioni di conflitto crescente dove ci rimettono tutti e due i litiganti.

Il dilemma ha avuto molto successo e una copiosissima letteratura. Può essere giocato in tanti modi, con sofisticate teorie matematiche e probabilistiche o in modo empirico e analogico. Può servire anche da modello simbolico per racconti, film, rapporti di affari e di lavoro. Un caso classico sono i romanzi di spionaggio dove le due spie di campi avversi giocano a collaborare e a ingannarsi fino a soccombere o ad ottenere quello che vogliono. 

E’ tipico anche l’aneddoto dei due arabi dove uno dice all’altro:
– Dove vai?
– Al mercato di Ryad.
– Se mi dici che vai al mercato di Ryad è segno che non ci vai, ma mi dici che ci vai perché pensi che io non ti creda, ma io so che tu pensi che io non ti creda, quindi vai veramente al mercato di Ryad. E allora perché mi menti, amico mio?