Analisi transazionale

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L’analisi transazionale è una teoria psicologica proposta negli anni cinquanta dal canadese Eric Berne, per lo studio della personalità umana e delle relazioni fra le persone. Muove dalla psicoanalisi freudiana per quanto riguarda l’importanza data all’infanzia, e dai metodi di Carl Rogers che subordina protocolli e procedure alla realtà specifica della persona.
La teoria è stata sviluppata da altri dopo la morte di Berne appena sessantenne. Oggi operano varie scuole a diversi livelli che vanno dalla psicoterapia e terapia di gruppo fino ai corsi per venditori e manager. Possiamo usarla nel problem solving di ogni giorno, nelle transazioni di lavoro, nelle relazioni personali, come modello semplificato per riconoscere e gestire al meglio comportamenti ricorrenti. Bisogna però fare attenzione a non sconfinare in territori patologici, che è doveroso lasciare a terapeuti specializzati.

Gli stati dell’io

Ognuno di noi porta con sé ciò che ha appreso nell’infanzia, quando era bambino di fronte a genitori o educatori. Gli stati del bambino, del genitore e dell’adulto si manifestano in modi e con intensità diverse in ognuno di noi.
Lo stato dell’adulto è il comportamento maturo e razionale.
Lo stato del bambino è l’atteggiamento primordiale, profondo, infantile. Il bambino può essere libero e felice o represso e frustrato.
Lo stato del genitore è il ricordo e l’imitazione di ciò che facevano con noi i nostri educatori. Il genitore può essere severo o affettuoso.

analisi transazionale

In questa mappa si vedono gli stati dell’io e le transizioni fra due persone. Il genitore può essere normativo (Gn) positivo (autorevole) o negativo (autoritario, arrogante), o affettuoso (Ga) positivo (amorevole, gratificante) o negativo (permissivo, diseducante). Il bambino può essere adattato (Ba) positivo (bene educato) o negativo (timido, represso), e libero (Bl) positivo (giocoso, creastivo) e negativo (ribelle, teppista). Le transazioni tra adulti sono razionali e costruttive, le transazioni incrociate danno luogo a giochi spesso distruttivi o sgradevoli.

Le transazioni

Quando due persone interagiscono fra di loro, se lo fanno in modo razionale e maturo si ha una transazione A/A (adulto-adulto). Se uno dei due è autoritario e l’altro è remissivo, la transazione è G/B (genitore-bambino).
Nei rapporti di lavoro e nel problem solving si deve cercare di arrivare a transazioni A/A, rispondendo da adulti anche se ci troviamo di fronte ad atteggiamenti da genitore o da bambino.

Le dinamiche delle transazioni GAB (genitore-adulto-bambino) si inquadrano in quattro posizioni esistenziali che mostrano come io vedo me stesso e gli altri. Ecco le posizioni nella transazione fra due persone:
I

Posizioni esistenziali

io sono ok

Le dinamiche delle transazioni GAB (genitore-adulto-bambino) si inquadrano in quattro posizioni esistenziali che mostrano come io vedo me stesso e gli altri. Nella transazione fra due persone troviamo assertività, dominanza, timidezza, pessimismo.

noi siamo ok

Nel rapporto a tre io-tu-altri, si va da una transazione assertiva quando io mi sento ok, penso che tu sia ok e anche gli altri siano ok, a posizioni di superiorità (io sono ok, tu e gli altri non siete ok, di inferiorità (io non sono ok, voi lo siete), fino alla posizione cinica e asociale (io sono una schifezza, ma tu non sei meglio di me, per non parlare degli altri).

La strutturazione del tempo

Quando ci troviamo di fronte ad un’altra persona, strutturiamo il tempo della transazione in una serie di modalità con intensità crescente delle “carezze” che ci si scambia:

  • isolamento (mi chiudo in me stesso e non parlo con te);
  • rituali (ci trattiamo secondo il galateo);
  • passatempi (facciamo insieme un gioco con regole condivise);
  • attività (lavoriamo insieme);
  • giochi (discussioni e conflitti secondo schemi ricorrenti);
  • intimità (scambio diretto e spontaneo di esperienze, pensieri, sentimenti).

I giochi

L’intimità è la più gratificante, ma anche la più rischiosa e imprevedibile, quindi in molti casi cerchiamo di evitarla. Per farlo, spesso ricorriamo ai giochi, ossia al riproporre strategie infantili da bambino e da genitore.

Per Berne il gioco è ripetitivo, inconsapevole, finisce in modo insoddisfacente, genera sorpresa e confusione, rinforzando le convinzioni negative su sé, gli altri, il mondo. Nel suo libro “A che gioco giochiamo” Berne descrive vari tipi di giochi psicologici, che possiamo riscontrare sia nei rapporti di lavoro sia in quelli familiari e sociali. Ecco alcuni di questi giochi.

  • “Ti ho beccato figlio di puttana” è spesso usato in ufficio, quando qualcuno gode nel prenderci in castagna (genitore severo). 
  • “Gambadilengo” e “Maledetto pasticcione” sono giochi di chi si procura incidenti, si ammala, fa cose sbagliate solo per attirare l’attenzione su di sé, ispirare pietà o perfino farsi punire (bambino). 
  • “Perché non…? Sì, ma…” è un tipico gioco in cui io ti chiedo aiuto o ti pongo un problema, ma scarto tutte le soluzioni che mi proponi per farti sentire inadeguato. Questo è un gioco molto giocato in ambito lavorativo con consulenti, creativi, tecnici, per bocciare le loro proposte e lasciare tutto immutato (genitore severo o bambino capriccioso). 
  • “L’indaffaratissimo” è un altro gioco molto praticato in ambito lavorativo, con cui si cerca di mettere in difficoltà chi arriva con qualche richiesta (genitore severo). 

A tutti questi giochi fra bambini e genitori può rispondere l’io adulto, chiedendo le ragioni per cui si sta facendo un gioco del genere.

Stephen Karpman, allievo di Berne, propone il triangolo psicodrammatico, composto da tre ruoli: PersecutoreSalvatore Vittima. La vittima è un bambino represso, il persecutore è un genitore severo, il salvatore dovrebbe essere un adulto, ma spesso è un genitore affettuoso. Il gioco prevede che i ruoli possano cambiare, quando la vittima manipola il persecutore o il salvatore, oppure persecutore e vittima si coalizzano contro il salvatore.

Il copione

Berne ha definito il copione “un piano di vita inconscio che si basa su di una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva.” Culmina con una scelta finale. Il piano può essere vincente quando riceve soprattutto carezze positive, non vincente quando le carezze non sono molto intense e ci si accontenta fermandosi prima di aver raggiunto la meta, perdente quando non si riesce a gestire bene la realtà e si ricevono solo carezze negative. Spesso il copione perdente ha un finale distruttivo e tragico.

Le carezze

Le carezze sono i gesti e le parole che mettono in relazione le persone: assentire sorridendo, toccare amichevolmente una spalla, dire «sono contento di vederti», ascoltare con attenzione, dare un segno di disponibilità. Sono un segno di riconoscimento di sé e dell’altro. Il genitore severo tende ad imporre una serie di regole per limitare lo scambio di carezze, da cui derivano difficoltà nei rapporti affettivi:

  • non chiedere le carezze che desideri,
  • non dare le carezze che desideri dare,
  • non rifiutare le carezze che non desideri,
  • non accettare le carezze anche se le vuoi,
  • non dare carezze a te stesso.

In seguito, trasgrediamo qualcuna di queste regole, o le rafforziamo, a scapito delle nostra spontaneità ed autonomia.