Bias di conferma

bias di conferma

atlante creatività

Il rosso dice “sei”, il blu dice “nove”. Ambedue sono in buona fede, e hanno ragione dal loro punto di vista, per cui si sentono legittimati a difendere la propria opinione. Cambierebbero idea se solo provassero a cambiare punto di vista, ma la palla al piede del bias di conferma glielo impedisce.

Il bias è un modo sofisticato e tecnico per dire “deviazione dalla media” o “pregiudizio”. I bias cognitivi sono schemi di interpretazione soggettiva che non corrispondono all’evidenza dei fatti o al giudizio razionale. Il bias di conferma è uno dei bias cognitivi, e consiste nel confermare con ciò che si vede, si ascolta o si cerca ciò che si sa o si crede. Fin dalla prima infanzia tendiamo a confermare le convinzioni acquisite, ed è una cosa positiva, perché ci fa riconoscere amici e nemici, cose utili o nocive. Se però non si sviluppa altrettanto il pensiero critico, la capacità di osservare le cose da più punti di vista, di cercare altre vie e altre soluzioni, si cade nel bias, ossia nella gabbia dei pregiudizi che ci impediscono di esplorare le alternative e ci riconducono sulle solite opinioni e soluzioni facendoci credere che abbiamo ragione anche quando abbiamo torto.

Il bias di conferma è un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità, a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi e, viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono. Il fenomeno è più marcato nel contesto di argomenti che suscitano forti emozioni o che vanno a toccare credenze profondamente radicate, come ideologie politiche, valori etici, fedi religiose. Il bias è rinforzato dal pensiero illusorio e da una limitata capacità di gestire informazioni. In altre parole, più siamo ignoranti e limitati, più siamo vittime del bias di conferma.

Le persone tendono a verificare a senso unico la validità delle ipotesi, cercando prove coerenti con le loro stesse ipotesi. Invece di cercare tutte le prove rilevanti, tendono a costruire le domande in modo da ricevere risposte che sostengano le loro idee. Cercano i risultati che si aspetterebbero se le loro ipotesi fossero vere, piuttosto che quelli che si avrebbero se fossero false. Difendono strenuamente ciò che vedono dal loro punto di vista pur di non spostarsi in un punto di vista diverso.

Le persone mostrano questo pregiudizio quando selezionano le informazioni che supportano le loro opinioni, ignorando quelle contrarie, o quando interpretano le prove ambigue come se supportassero i loro atteggiamenti esistenti. L’effetto è più forte per i risultati desiderati, soprattutto per questioni di forte impatto emotivo e per convinzioni profondamente radicate. Il bias di conferma non può essere eliminato ma solamente gestito con l’educazione e la formazione al pensiero critico.

Le convinzioni possono sopravvivere o addirittura essere rafforzate da esperienze e prove che le contraddicono. Al proposito Watzlawick narra di un paziente che batteva le mani per cacciare gli elefanti dalla stanza. “Ma non ci sono elefanti in questa stanza.” “Certo, sono scappati perché ho battuto le mani”. Lo stesso accade con un credente che prega per ottenere una grazia: se non ottiene nulla non mette in dubbio la validità della preghiera, ma pensa di non aver pregato abbastanza. Le persone variano nella loro capacità di difendere le loro opinioni dagli attacchi esterni in relazione all’esposizione selettiva, che avviene quando gli individui cercano informazioni che confermano le loro credenze personali, e rifiutano gli argomenti che le contraddicono. Le persone con un alto livello di autostima vanno più facilmente in cerca di opinioni che contraddicono le loro posizioni in modo da formarsi un’opinione. Le persone con bassi livelli di fiducia in sé stesse non cercano informazioni contraddittorie ma preferiscono quelle che confermano le loro posizioni.

Per confermare le proprie convinzioni si ricorre anche alle correlazioni illusorie, che tendono a vedere correlazioni arbitrarie fra dati e fatti neutri come prove favorevoli. E’ ciò che accade per esempio con la numerologia delle piramidi, a cui si può far corrispondere qualsiasi cosa, dall’ordine dei corpi celesti ai numeri di Satana, oppure ad oroscopi e predizioni che danno informazioni generiche e ambigue in modo che ognuno le adatti ai casi propri, convincendosi vieppiù della loro efficacia.

La conferma muove anche il desiderio di rinforzare con giudizi esterni l’immagine di sé, accettando quelli che corrispondono all’opinione che abbiamo di noi stessi e rifiutando quelli che la contraddicono. Se per esempio ci riteniamo imparziali, reagiremo con fastidio a qualcuno che ci dica di aver troppo favorito il parente o l’amico.

Anche gli algoritmi dei social network come Facebook, Netflix, ecc. concorrono tutti ai bias di conferma, perché tendono a mostrarci solo ciò che in precedenza ci è piaciuto, escludendo nuove esperienze e confermandoci nei nostri pregiudizi. Gli haters sono così portati a odiare di più, i follower a seguire con più fanatismo i loro influencer.

In tal senso il bias di conferma diventa una forte insidia della creatività, perché le soluzioni, se sono davvero originali, fatalmente fanno traballare le convinzioni che avevamo finora e ci aprono finestre che finora erano rimaste chiuse.