Story Lab, il metodo di storytelling

atlante –  comunicazione

Nella seconda edizione di Exploring Elearning (Milano, Officine del Volo, 1 e 2 dicembre 2016) mi è stato affidato un laboratorio permanente sullo storytelling, per presentare un metodo pratico per costruire storie che abbiano un capo, un corpo e una coda e servano a comunicare e formare in modo efficace. Il metodo fonde il famoso “Viaggio dell’Eroe” di Chris Vogler con gli Story Cubes, dadi combinatori per generare storie. Nella foto sono nella postazione in cui ricevevo i visitatori che volevano partecipare al mio laboratorio.

Lo storytelling, che come concetto (raccontare storie) esiste da quando esiste l’uomo, come parola è andato particolarmente di moda negli ultimi anni, dalla politica alla comunicazione aziendale. Ma, come tutte le parole di moda, spesso viene usata a sproposito.
Che cosa è dunque lo storytelling?
E’ la capacità di trasmettere contenuti sotto forma di storie. E’ la capacità di trasformare in storie contenuti di altro genere, come informazioni, descrizioni, ragionamenti logici.
Che cosa E’ una storia, un racconto?
E’ la narrazione di un evento, o di una serie di eventi, che ha un inizio, uno svolgimento e una fine, e che coinvolge uno o più personaggi di qualsiasi tipo (uomini, animali, esseri fantastici, piante, oggetti), antropomorfizzandoli, ossia attribuendo loro caratteristiche e comportamenti umanoidi.
Che cosa NON E’ una storia?
Tutto il resto: elenchi, cataloghi, teoremi, dimostrazioni, relazioni, saggi, promemoria, spiegazioni, e così via.
Fare storytelling significa sia comunicare eventi in forma di storia, sia trasformare in storie contenuti di altro genere. Prendendo ad esempio i testi sacri, i Dieci Comandamenti non sono storytelling. Le Nozze di Cana sono storytelling. Caino che uccide Abele è uno storytelling del quinto comandamento “non uccidere”.

Ma perché dobbiamo raccontare storie invece di esprimere i contenuti come abbiamo sempre fatto? Perché le storie sono più avvincenti rispetto ad altri tipi di comunicazione. In molti casi sono anche più convincenti. Se dico che non è bene essere prepotenti di fronte ai più deboli posso essere noioso e poco credibile. Se racconto la favola del lupo e dell’agnello mi capisce anche un bambino.
Naturalmente, come per tutte le cose della vita, lo storytelling richiede un po’ di buon senso. Se chiediamo le caratteristiche e il prezzo di uno smartphone al negoziante, preferiamo ricevere le informazioni richieste e basta, piuttosto che sentire il racconto di ciò che ha fatto il suo amico con quello smartphone. Se invece dobbiamo intrattenere una platea di ascoltatori, raccontare una storia può essere molto più simpatico ed efficace che fare un discorso tecnico e logico.

La sequenza di avvenimenti della storia è anche un ottimo strumento di mnemotecnica, per esempio per ricordare una procedura, in quanto la storia stessa è un modello procedurale: Hansel e Gretel spargono le briciole lungo il cammino per poterlo rifare a ritorno senza perdersi.

Non tutti sono capaci di raccontare storie. Grandi pensatori, scrittori, scienziati, divulgatori, sanno scrivere saggi e articoli, sanno fare lezioni e conferenze, ma non sanno raccontare storie come farebbe un romanziere anche mediocre.
Se hai il talento del narratore non ti serve né questo articolo né il metodo Story Lab. Se fai comunicazione o formazione e ti si chiede di presentare in forma di storia qualcosa che non lo è, Story Lab ti mette in mano un metodo con cui, anche se non scriverai il best seller dell’anno, comunque tirerai fuori uno straccio di storia accettabile. Per esempio, il metodo è stato usato con un funzionario dell’Agenzia delle Entrate per trasformare in plot narrativo un aggiornamento di procedure esattoriali, che è quanto di più lontano da una storia.

Il foglio bianco

Il foglio bianco, o lo schermo vuoto, provocano sempre un sottile stato di angoscia. Che cosa scrivere? Da dove cominciare? Entrare subito nel vivo o fare un’introduzione? Narrare in prima o in terza persona?
Il metodo Story Lab serve a vincere la sindrome da foglio bianco, perché pone la stesura della storia nell’ultima fase del processo, facendola precedere da una serie di altre cose da fare.

Il metodo Story Lab

Il metodo si basa sul “Viaggio dell’Eroe” di Chris Vogler, a sua volta basatosi sull’ “Eroe dai mille volti” di Joseph Campbell. Vogler applica l’analisi di mitologia comparata di Campbell alla produzione hollywoodiana, con particolare riguardo alla Disney, di cui è stato collaboratore. Dall’esame di oltre 6000 opere di vario genere, dalla fiction alla pubblicità, ha estratto una serie di costanti o di ricorrenze che costituiscono gli ingredienti fondamentali di una storia di successo.
Io ho sintetizzato l’insegnamento di Vogler in tre cartelli con cui possiamo costruire la nostra storia.

Storytelling e problem solving

Una storia, per essere avvincente o almeno utile, deve definire e risolvere un problema.
Quindi anche per il nostro racconto il primo passo sarà definire il problema. Perché dobbiamo scrivere questa storia? Che tipo di disagio dobbiamo superare? Quale miglioramento dovremmo ottenere? A chi ci rivolgiamo, a neo-assunti, a lavoratori occasionali, a dipendenti stabili, a professionisti autonomi?
Qual è il livello di conoscenze e di competenze del nostro pubblico?
Che cosa il nostro pubblico deve portare a casa alla fine della storia? Questa sarebbe la famosa “morale della favola”.

I tre cartelli

Ora possiamo disporre i tre cartelli davanti a noi, lavorando contemporaneamente su tutti e tre.

story lab - elementi narrativi

Partiremo dagli elementi della storia, ossia dai personaggi e dalle azioni che devono svolgere.
Iniziamo con la casella “Protagonista” e riempiamola. Chi è? Che cosa fa? Che difetti ha? Nella casella “Eroe” scriviamo la proiezione positiva del protagonista: come vorrebbe diventare? Nella casella “Ombra” scriviamo gli aspetti oscuri dell’eroe, ciò che, se prendesse il sopravvento, ne farebbe un bandito invece che un benefattore.
Nella casella “Dono” scriviamo la soluzione attesa del problema, ciò che l’eroe dovrebbe conquistare per noi e per il nostro pubblico.
Per definire le caratteristiche degli elementi possiamo tener conto di tutto ciò che sappiamo su di essi, usando tutte le informazioni che abbiamo raccolto. Oppure, per arricchire e spiazzare il nostro modo di vedere le cose, possiamo servirci di elementi fortuiti, come carte da gioco o dadi.
Nel nostro caso abbiamo scelto i dadi “Story Cube” della Hutter Trade Selection, 9 dadi che su ogni faccia recano una icona, per un totale di 56 immagini che possono dar luogo ad oltre 10.000 combinazioni. Le icone che escono e si combinano a caso ci possono servire come stimolo per la nostra storia.

Se non disponiamo di questi dadi, possiamo usare anche carte creative, carte da gioco normali, tarocchi.

Per sviluppare la nostra storia ci serviamo del cartello dell’arco narrativo.

story lab - arco narrativo

Lo svolgersi della vicenda è rappresentato su un diagramma cartesiano che sull’asse delle ascisse reca lo scorrere del tempo (il tempo della storia, che può essere un giorno, un mese, un anno, una vita), su quello delle ordinate il livello di interesse della narrazione (più la curva è alta, più la storia è interessante).
Si parte dalla situazione ordinaria nella quale si trova il protagonista, a cui si aggiunge un senso di disagio, di crisi che da una parte lo deprime, dall’altra lo spinge a fare qualcosa. L’arrivo di un mentore lo stimola, lo spinge a darsi da fare per cambiare, ne vince le resistenze e lo convince a varcare la soglia con cui inizia l’avventura e da cui si può tornare solo a missione compiuta (per esempio, Dante con Virgilio all’inizio della Divina Commedia).
La soglia ha un guardiano che la difende. Il mentore aiuta il protagonista a superarla per entrare nel mondo straordinario dell’avventura, della fantasia, della narrazione. Alla soglia dell’Inferno Dante incontra Cerbero che viene placato da Virgilio.
Il protagonista diventa l’eroe dai mille volti, che affronta una serie di prove, aiutato da alleati e combattuto da nemici. Le prove sono sempre più impegnative, e c’è un momento in cui l’antagonista sta per avere la meglio e per far fallire l’impresa dell’eroe. Questa è l’acme della storia, il punto di maggior interesse e coinvolgimento, che può svilupparsi come catastrofe o come conquista vittoriosa del dono. Quando tutto sembra perduto, arriva un messaggero che dà all’eroe uno strumento magico con cui può sconfiggere l’antagonista e conquistare il dono da portare alla comunità che lo aspetta. L’eroe attraversa la soglia di uscita e rientra nel mondo ordinario con il suo dono, con la soluzione trovata. Si torna alla normalità, e l’eroe gode della ricompensa meritata, che può essere la ricchezza, il trionfo, l’amore, o semplicemente la riconoscenza e il buon nome.
Per delineare i vari personaggi torniamo al cartello degli elementi. Chi è l’antagonista? E’ l’ombra dell’eroe o un personaggio diverso? E’ un concorrente? Chi è il mentore? E’ un saggio esterno, un consulente, un coach, un superiore? Chi sono gli alleati? Chi sono i nemici? In altre parole, chi sono gli stakeholder favorevoli e contrari al progetto? Oltre ai personaggi principali, ci sono personaggi di contorno che servono a mettere un po’ di pepe nella storia. Questi sono il mutaforme, ossia qualcuno che da nemico diventa amico o viceversa (il Gatto e la Volpe di Pinocchio), e il trickster, il burlone che con i suoi scherzi riduce la tensione (il vecchietto dei film western).

story lab - ciclo narrativo

Il cartello del ciclo narrativo rappresenta la stessa storia come cerchio dell’eterno ritorno, in cui il percorso magico/iniziatico torna al punto di partenza, ma con la situazione radicalmente mutata dopo la discesa nel profondo e la riemersione. E’ un modo diverso di vedere la storia, se vogliamo introspettivo e psicanalitico. E’ una rappresentazione dell’aspetto ciclico del cambiamento, inteso come rinnovamento continuo e ricorrente che ritroviamo nei ritmi naturali dei giorni e delle stagioni.

La stesura

Dopo aver riempito tutte le caselle e tracciato le tappe del racconto, possiamo passare alla narrazione vera e propria. Anche in questo caso dobbiamo decidere quale sarà il prodotto finito: un racconto letterario? Un filmato? Un fumetto? Per scrivere il racconto non faremo altro che collegare i vari punti dell’arco narrativo, narrandoli in modo discorsivo e scrivendoli come testi. Per farne un film o un fumetto dobbiamo scrivere uno storyboard, ossia un testo a due colonne in cui nella colonna di sinistra descriviamo ciò che si deve vedere (immagini, scritte e scene animate), nella destra ciò che si deve sentire (voce narrante, dialoghi, rumori, musica).
In ambedue i casi bisogna fare un attento lavoro di rilettura, revisione, correzione. Se ne abbiamo il tempo, facciamo leggere ad altri il nostro lavoro e teniamo conto del loro giudizio.

Come applicare il metodo

Il metodo si applica a qualsiasi tipo di narrazione, dal romanzo al racconto, dal film al videogame. Al di là degli usi artistici e ricreativi, è altrettanto utilizzabile nello storytelling in ambiti professionali e imprenditoriali.

Marketing. Supponiamo di dover raccontare un nuovo prodotto appena messo sul mercato. Prima di tutto dobbiamo decidere se vogliamo scrivere una storia realistica (il racconto della situazione reale e specifica) o una parabola allusiva (una storia con personaggi fantastici e inventati, riferibile in modo metaforico o simbolico al problema reale).
Passiamo poi al cartello degli elementi, cominciamo a chiederci: il prodotto che cos’è? E’ l’eroe? E’ il dono? E’ lo strumento magico che risolve i problemi? L’antagonista chi è? Un prodotto concorrente? Una spia industriale? Un ex-dipendente licenziato?
L’eroe potrebbe essere un utente-tipo del nuovo prodotto. Come sarà? Facciamogli la carta d’identità. Qual è la situazione ordinaria? Qual è il problema da risolvere? Perché l’eroe non si sente in grado di risolverlo?
Chi è il mentore? Il vecchio zio? Un tecnico? Un animale come il Grillo Parlante?
E così via, rispondendo alle domande che ci poniamo per riempire i cartelli con gli ingredienti e le informazioni della nostra storia. 

Possiamo anche analizzare spot pubblicitari per riconoscere in essi gli elementi narrativi e le dinamiche dell’arco. Per esempio in uno spot della Heineken un ragazzo vuole bere una birra ma non riesce a farlo finché arrivano due ragazze e lo fanno bene comodamente sul divano. Il payoff finale è “Better together”, meglio insieme, perché la Heineken si beve con gli amici facendo festa. Il ragazzo è l’eroe, le prove da superare sono i tentativi di bere, le ragazze sono i mentori, la birra è il premio.

Formazione. Il racconto di un caso è molto efficace per iniziare un percorso formativo, o come esempio di qualcosa di più astratto, o come conclusione del corso. Possiamo spiegare in modo teorico che cos’è l’attenzione, o raccontare di quella volta che siamo andati in macchina e siamo tornati in tram, perché non ricordavamo di essere andati in macchina, per cui abbiamo dovuto farci accompagnare in motorino per riprendere la macchina. Siamo arrivati appena in tempo per mettere in fuga un ladro che stava tentando di aprirla, e possiamo tornare a casa senza ulteriori inconvenienti. In questo mini-racconto noi siamo l’eroe, la distrazione è la crisi che ci mette a disagio, la macchina è il dono perduto da riconquistare, l’amico è il messaggero, il motorino è lo strumento magico, il ladro è l’antagonista.

Quando si usa lo storytelling nella formazione, può essere utile far seguire alla storia una fase di debriefing, per adattare la storia alle proprie situazioni sviluppandone così il potenziale formativo. Il debriefing può esser fatto ragionando insieme sulla storia e analizzandone i significati, o costruendo nuove storie a complemento della precedente.
Lo storytelling può combinarsi con la gamification, ossia con la capacità di tradurre in gioco ciò che si sta facendo, perché molti giochi sono basati su storie, molte storie su giochi. Un esempio per tutti è il mito del Vello d’oro.
Elearning. Le nuove tecnologie aggiungono nuove potenzialità allo storytelling tradizionale, specialmente nei percorsi formativi in autoapprendimento. Lo storytelling transmediale usa la multimedialità per rendere le storie più coinvolgenti, fino alla realtà virtuale e alla realtà aumentata. Gli strumenti di cooperazione come il mapping e il VUE (visual understanding environment) permettono di costruire storie con gruppi virtuali on line.

Contattami per richiedere i cartelli in alta definizione, e per avere supporto nell’applicare il metodo alle tue narrazioni.