Mitopoiesi

atlante –  comunicazione

L’immagine mostra una metopa del Partenone (V sec. a.C., scuola di Fidia) in cui un guerriero combatte con un centauro. La centauromachia era una metafora mitica delle guerre fra Greci e altri popoli che, per accentuarne la diversità, venivano chiamati “barbari” (balbettanti, non parlanti) e rappresentati come esseri non umani. Il mito quindi parla di un conflitto fra l’uomo e il non uomo, o un uomo che si è dimezzato fondendosi con un cavallo.

La mitopoiesi, letteralmente dal greco “creazione di miti”, è l’attività con cui si creano e consolidano racconti mitici, o si considerano in modo mitico fatti, eventi, fenomeni, imprese.
Il mito nasce dalla tradizione orale che nei nostri tempi sfocia nell’amplificazione mediatica: oggi si arriva a creare miti effimeri, dj e youtuber che per brevissimo tempo hanno milioni di seguaci, e poi scompaiono così come sono apparsi. Ma i miti formatisi nei secoli e resistenti ai millenni continuano a costituire l’ossatura della psiche umana individuale e collettiva.

Le storie condivise servono a creare una comunità. La mitopoiesi crea racconti aggreganti. Anche se una storia nasce dall’invenzione di una singola persona, comunque ha bisogno di una comunità che la faccia propria, con un passaparola spontaneo, governato o indotto. La mitopoiesi dunque è un processo continuo con cui un mito nasce, si sviluppa, si consolida, continua a vivere oppure si cristallizza e finisce col diventare obsoleto e pronto per essere sostituito da un nuovo mito.

I miti antichi risalgono ad epoche che precedono le testimonianze storiche, epoche lontane e senza tempo, che proprio per questo sembrano sempre attuali e interpretabili in modi nuovi.

I rapporti sociali tra gli esseri umani sono mediati da immagini fin da quando il primo Homo Sapiens dipingeva scene di caccia sulle pareti di una grotta perché qualcun altro potesse “leggere” e raccontare quelle storie.
Il mythos è un racconto fantastico che non prevede la dimostrazione, caratteristica del logos razionale e filosofico.
Prodotto dall’innata tendenza dell’uomo a raccontare, il mito propone in ogni cultura una serie multiforme di figure simboliche e di modelli di comportamento. 

Per affascinare, ma al tempo stesso insegnare, le storie del mito devono essere avventurose e piene di colpi di scena, ma anche semplici e chiare, così come lo sono i personaggi che simboleggiano i caratteri fondamentali dell’uomo. Spesso queste storie sono costruite su opposizioni: bello e brutto, buono e cattivo, maschile e femminile. L’uomo e la natura ne sono i protagonisti: dalla nascita del mondo ai viaggi degli eroi, il mito cerca di rispondere alle domande fondamentali degli uomini e al loro desiderio di conoscere.
Al centro del racconto mitico ci sono l’uomo, la natura e il rapporto dell’uomo con la natura, ossia con il cielo, la terra, il mare, il sottosuolo, che diventano luoghi pericolosi o incantati, o si animano come persone, animali, oggetti magici. Il mare diventa un dio capriccioso, a volte calmo, a volte infuriato. I fulmini seguiti dal rombo del tuono sono le frecce di Zeus.

Personaggi fantastici, avventure, mostri, eroi, paesaggi incantati e straordinari comunicano nel profondo valori e insegnamenti: una passione o un sentimento vissuti in modo esagerato sono più facilmente comprensibili, servono a chiarire meglio ciò che si deve o che non si deve fare. Tutto deve essere immediatamente chiaro: il buono e il cattivo, il bello e il brutto, il grande e il piccolo, la vita e la morte.
Molti miti sono costruiti sulle sensazioni di base: paura, dolore, piacere, rabbia. L’uomo ne è dominato e incontra i suoi limiti di fronte alla natura e agli dei, scontrandosi con un divieto o un ordine. Anche il bene si manifesta con l’emulazione e l’altruismo.

Il mito risponde alle domande fondamentali dell’uomo, spiega la realtà in forma allegorica. Come nasce il mondo? Qual è la sua storia? Gli elementi della natura, come esseri animati, si uniscono gli uni agli altri dando vita a tutto il resto, oppure esiste un essere supremo che crea dal nulla natura e viventi. L’uomo, anche se è l’ultimo arrivato, sa emergere su tutte le altre creature, ma se supera i limiti imposti dal dio e dalla natura è punito con eventi catastrofici, come il diluvio universale.
Tutti i grandi eroi e i protagonisti del mito antico viaggiano. Il viaggio è un passaggio non solo da un luogo all’altro, ma da una fase a un’altra della vita, è una metafora del crescere e del conoscere. 

Il pensiero scientifico e filosofico riduce gli spazi e l’importanza del mito, “smitizza” credenze, riti, superstizioni. Ma il mito torna nelle scienze della psiche, con il complesso di Edipo in Freud, col pessimismo di Cassandra, l’autoreferenzialità di Narciso, gli archetipi di Jung, che sono modelli, figure tipiche, simboliche, primordiali, profonde, collettive, e rappresentano i valori primari dell’esistenza. 

Joseph Campbell, studioso di religioni e mitologie comparate, ci ha lasciato la monumentale opera Le maschere di Dio, dove passa in rassegna miti di tutti i luoghi e le epoche, evidenziandone somiglianze, derivazioni, influenze. Il suo “L’eroe dai mille volti” ha ispirato George Lucas nella creazione del mito moderno di “Guerre Stellari”, oltre a tanti altri film e romanzi. Le vicende fondamentali e ricorrenti dell’eroe sono quattro:

  1.  nascita misteriosa;
  2. relazione complicata col padre (orfano, padre cattivo, figlio illegittimo, ecc.);
  3. ritiro dalla società, apprendimento di una lezione, spesso aiutato da una guida;
  4. ritorno fra la sua gente per donarle ciò che ha conquistato.

Anche la nostra epoca, così dominata dall’economia, dalla scienza, dalla ragione, ha ancora bisogno di miti. I miti classici sono vivi e vegeti, ma ad essi si aggiungono personaggi, saghe, cicli come Il Signore degli Anelli di J.R. Tolkien, Le cronache di Narnia di C. S. Lewis, Harry Potter di J. K. Rowling, Moby Dick di H. Melville, Pinocchio di C. Collodi, i personaggi di Disney, ma anche prodotti come la Coca Cola e il suo Babbo Natale vestito di rosso, la Ferrari, o icone come Marilyn Monroe e il suo Chanel n. 5. o il suo vestito bianco sollevato dagli aeratori di Manhattan.