Figure retoriche

atlante –  comunicazione

Aristotele dice che la retorica è la capacità di rendere persuasivo qualsiasi argomento. Questa capacità agisce secondo modalità diverse ma ripetitive, che sono state organizzate in schemi detti figure retoriche. Queste figure si ritrovano nella narrativa, nei discorsi politici, nel teatro e nel cinema, nella pubblicità, nella psicoterapia e nel linguaggio della consulenza e della formazione. Sono usate per dare più efficacia a ciò che si dice sia a livello pubblico, solenne, artistico, sia a livello quotidiano e ordinario.

Anche nel linguaggio comune capita spesso di usare figure retoriche.
“Non vuoi lasciarmi, vero?” è una domanda retorica che prevede la risposta, in questo caso “certo che no”, altra figura retorica detta anacoluto.
“Volare, cantare” sono omoteleuti, “nel blu dipinto di blu” è un’anafora.
“Veni, vidi, vici”, la famosa frase di Cesare che significa “arrivai, vidi la situazione, vinsi la battaglia” combina insieme le figure dell’allitterazione, dell’asindeto e della brachilogia.
“Ti amo da morire” è un’iperbole.
“Un cornetto croccante” è una onomatopea, come il “cupo rimbombo del tuono” o il “tintinnio” del campanello.
“A me mi piace il blues” cantava Pino Daniele usando un pleonasmo.
“Il caro estinto” è al tempo stesso una perifrasi e un eufemismo.

Naturalmente, quando ci esprimiamo parlando, scrivendo, narrando, usiamo le figure senza accorgercene, e gli autori di talento ne inventano di nuove. Tuttavia, come la grammatica e la sintassi, anche la stilistica (a cui appartengono le figure retoriche) corre in nostro aiuto quando ne abbiamo bisogno, quando non sappiamo bene come costruire una frase, come risolvere un passaggio narrativo o argomentativo.

Le numerose figure sono state classificate in vari modi. Quintiliano, un professore del I sec. d.C., le classificò in un manualetto ad uso dei suoi studenti, raggruppandole in figure di pensiero e figure di significato.
Altri modi di classificarle è raggrupparle per suono, per metrica e per parola, oppure come figure di pensiero, di significato, di dizione, di elocuzione, di costruzione, di ritmo.

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