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Domanda

atlante –  comunicazione

Se ad una parola, ad una frase, ad un periodo, facciamo seguire un punto interrogativo, abbiamo una domanda. L’enunciato non è più concluso e autosufficiente, ma richiede un nuovo enunciato che risponda, apra o chiuda altre possibilità ed interpretazioni, continui in qualche modo il primo enunciato che era rimasto incompiuto.
Se affermo qualcosa chiudo un recinto ed escludo altre informazioni o interpretazioni. Se dico: “piove.” si presume che io abbia constatato che sta piovendo. Se invece dico “piove?” si presume che io non sia in grado di sapere se sta piovendo o no, e che quindi abbia bisogno di una risposta.

La domanda dunque implica una mancanza, un problema. Mi manca quella informazione che toglie i miei dubbi e mi impedisce di affermare o negare qualcosa. Ho il problema di non sapere, o non saper fare, o non avere qualcosa. Il problema stesso, comunque sia formulato dopo averlo definito, termina con la domanda: come fare per cambiare la situazione problematica?
A monte del problema, prima ancora di averlo ben definito, posso farmi o fare queste domande: che manca? Che voglio? Che voglio cambiare? Che voglio essere, avere, fare? Che voglio sapere? Che voglio far sapere?

Possiamo fare domande strategiche o comuni. Nel primo caso, prima di fare una domanda, dovremmo pensare bene a ciò che vorremmo ottenere dalla risposta. Possiamo chiedere per sapere qualcosa: “mi ricordi quali sono gli affluenti del Tevere?”. O per avere qualcosa: “potrei avere un caffé?”. O per raggiungere uno scopo: “come faccio a fotografare un soggetto in movimento?”. Posso chiedere un chiarimento o una precisazione: “che cosa intendi per psicolabile?”. Alcune domande possono suggerire o contenere la risposta: “non dirmi che hai paura di sporgerti da qui!”. O possono aprire la mente a nuove possibilità: “che succederebbe se provassimo a ridurre le dimensioni?”. Le domande possono essere inquisitorie: “che cosa è successo? chi è stato?”.

Le tecniche di domanda si usano in molti campi professionali, dalla psicoterapia alle ricerche sociologiche e di mercato, dal medico di base all’ispettore di polizia. Chi fa la domanda può ignorare o conoscere la risposta. E’ questo il caso dell’esaminatore, o dei test a risposta multipla. Le domande possono essere formali e informali, strutturate o non strutturate. Le domande informali sono quelle normalmente usate nella conversazione. Le domande strutturate possono avere la forma di questionari o di maschere per l’inserimento dei dati.

Le risposte possono essere aperte e discorsive o chiuse e strutturate, come accade nei test o nei questionari, o nel riempire moduli con i dati anagrafici.

Le domande possono essere dirette (chiedono ciò che si vuol sapere) o indirette (chiedono qualcosa di collaterale a ciò che si vuol sapere, nel timore che ci sia qualche resistenza a dare la riusposta). In questo caso si fanno più domande, e le risposte vanno incrociate per ottenere significati validi.
Le domande possono essere poste a se stessi, ad altre persone, a software e a data base. Nelle ricerche sui motori web in genere si digitano parole chiave relative alle risposte che vogliamo ottenere. “Piccolo, cane, compagnia, Caserta” dovrebbe mostrarmi offerte di cagnolini nel casertano.

Dall’intelligenza o precisione della domanda dipende il valore della risposta. “Perché non me l’hai detto?” “Perché non me l’hai chiesto.” Spesso si chiede una cosa per l’altra, e ci si meraviglia di ricevere risposte inopportune. Tuttavia spesso anche le risposte vengono date in modo falso e convenzionale, perché si ritiene sconveniente dire ciò che si pensa davvero. In questi casi un sondaggio fatto bene porrà domande incrociate per confrontare le risposte e rilevarne la coerenza. O un intervistatore può fare una seconda domanda se alla prima l’intervistato ha risposto in modo evasivo.