CNV – Comunicazione non verbale

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In senso lato la comunicazione non verbale è tutto ciò che trasmette simboli, significati, informazioni senza usare parole, quindi comprende anche messaggi ambientali e animali, come le danze che le api fanno per comunicarsi nuove zone in cui raccogliere il miele.
In senso stretto l’acronimo CNV si riferisce a tutto ciò che le persone si dicono o non dicono al di là delle parole. Fra tutto ciò che facciamo per comunicare, le parole rappresentano meno del 10%, e inoltre ci sono gli ostacoli di lingue straniere o di linguaggi specialistici che riducono ancora la comprensione di messaggi verbali. Il tutti i casi in cui non vogliamo o non possiamo usare le parole, dobbiamo servirci della CNV. Pensiamo ai gesti degli inservienti sulla pista di un aeroporto o degli operai in un cantiere rumoroso, ai suoni emessi da un pastore per chiamare il cane e le pecore, ai segnali che si scambiano alpinisti durante una cordata, o i vigili del fuoco che spengono un incendio.
La comunicazione non verbale è importante nel cinema e nella videocomunicazione, ma anche in tutte le occasioni in cui oltre a parlare ci si mostra ai nostri ascoltatori. Si articola in quattro settori.

  1. Sistema paralinguistico o sistema vocale non verbale, comprende il tono di voce, grave o acuto, il ritmo del parlare lento o veloce, le pause di silenzio, il volume normale, sussurrato o gridato.
  2. Sistema cinesico o tutto ciò che si fa con il corpo, dalla mimica facciale ai gesti, alla postura e al modo di vestire e acconciarsi.
  3. Prossemica o vicinanza fra le persone che comunicano, con lo spazio relativo all’intimità, ai rapporti personali, sociali, pubblici.
  4. Aptica o comunicazione attraverso il contatto fisico, dalla stretta di mano all’abbraccio e al baci

Ogni mattina, guardandoci allo specchio, costruiamo l’immagine che intendiamo presentare a noi stessi e agli altri. Possiamo distinguerci con un look particolare, dal taglio dei capelli al trucco e al vestire. O uniformarci indossando una divisa, se riteniamo che la nostra individualità sia meno importante del gruppo, della squadra a cui apparteniamo. Possiamo adottare un modello di riferimento a cui cercheremo di assomigliare. Ancora oggi, a 40 anni dalla sua morte, ci sono sosia di Elvis Presley che in USA ogni anno si radunano in un evento commemorativo!
La moda, i segnali di seduzione erotica, l’aggressività e la sottomissione, sono tutti modi in cui si esprime la comunicazione non verbale, per cui anche se non diciamo nulla gli altri si fanno un’idea di noi e viceversa, confermando il primo assioma della comunicazione di Watzlawick, secondo cui “non si può non comunicare”.

Al proposito però c’è da considerare che, se già i messaggi verbali possono essere fraintesi, a maggior ragione i non verbali possono essere equivocati. Un’espressione accigliata può essere interpretata come disapprovazione, malessere, misantropia. Si può arrivare perfino a interpretare come provocante invito una innocente minigonna, adducendola come giustificazione ad aggressioni e stupri. Quindi, se si vuole ridurre l’ambiguità dei messaggi, è bene corredarli di parole che chiariscano il senso e le intenzioni di chi li emette. Piero Trupia distingue fra maschera, volto e trucco. La maschera è il nostro aspetto sociale, ciò che indossiamo ogni mattina per mostrarci al prossimo, dall’espressione del viso al modo di vestirci, di camminare, di muoverci, di parlare. Il trucco è ciò che facciamo per camuffarci, per nasconderci, per imbrogliare il prossimo: sembrare più alti, più magri, più giovani, più importanti, e va dal normale maquillage mattutino fino ai travestimenti con cui si cerca di mistificare la pèropria identità o la propria funzione. Il volto è il nostro vero modo di essere, che mostriamo quando non ci controlliamo per la troppa gioia o il troppo dolore, la rabbia o la paura. Alberto Sordi, intreprete di tante indimenticabili maschere, da quella del vigile a quella dell’americano, ha saputo svelare il volto del pover’uomo spaventato o del borgataro che non resiste e svela il suo trucco di fronte al piatto di maccheroni.