Business writing

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atlante –  comunicazione

Il business writing è la scrittura professionale, tutto ciò che si scrive e si legge nell’ambito del lavoro: un annuncio pubblicitario, la descrizione di un prodotto, una pagina web, una email commerciale, una newsletter, i testi di un catalogo, un manuale di istruzioni, una lettera di accompagnamento, un curriculum, un report, un abstract, la scaletta e le slide di una presentazione.

Nella scrittura professionale si scrive sempre per conto di qualcuno rivolgendosi a qualcun altro. E’ importante perciò conoscere sia il committente che il destinatario, sapere se preferiscono sintesi o dettagli, elenco di fatti e circostanze o mappe e visioni d’insieme, se siamo liberi o dobbiamo attenerci strettamente a schemi e modelli, se dobbiamo produrre documenti firmati o anonimi, quando dobbiamo consegnare il testo, quanto deve essere lungo.

Sono tre le fasi di produzione di un testo professionale: pre-writing, free-writing, re-writing. Al prewriting appartiene tutto ciò che va fatto prima di scrivere: documentarsi, raccogliere dati e organizzarli, dotarsi di un briefing chiedendo al committente a che serve quel documento, a chi si rivolge, quando deve essere pronto, se e come deve essere approvato prima di inoltrarlo o pubblicarlo. Il freewriting consiste nello scrivere a ruota libera, buttando giù tutto quello che viene in mente, in qualsiasi ordine, senza cercare la perfezione delle argomentazioni e dello stile. Il rewriting è la fase più professionale, e consiste nel riorganizzare ciò che abbiamo scritto, eliminando le cose non essenziali, spiegando meglio cose poco comprensibili, ripulendo lo stile e migliorando le argomentazioni. Nella revisione si controlla l’esattezza dei dati: percentuali, valori, citazioni, date, corretta scrittura di nomi e qualifiche.
Per ottenere un valido feedback è bene fare domande specifiche. Non chiedere “che ne pensi?”, ma “ho descritto con chiarezza i vantaggi?”.
Nel mondo anglosassone si raccomanda di ridurre un testo o un discorso a tre fasi:
1) Dico ciò che dirò.
2) Lo dico.
3) Ridico ciò che ho detto.
Ma già i romani con Cicerone usavano l’esordio che annunciava le conclusioni, la narrazione o l’argomentazione, la perorazione che concludeva con il concetto chiave.
Per dare la giusta importanza all’inizio, teniamo conto che il lettore, specialmente se legge da una tavoletta o un telefono, si avvicina al testo distratto e annoiato, scorre le prime frasi e in un attimo decide se continuare o no. Se non gli fai capire subito che cosa gli dirai, lo perdi. Le conclusioni invece sono ciò che il lettore deve portare con sé dopo aver lasciato il nostro testo.
Tutto ciò che si scrive per lavoro appartiene a quattro categorie.

Il business writing didattico fornisce informazioni per svolgere un compito. Ne fanno parte i tutorial passo-passo, i manuali d’uso, le schede procedurali. L’informativo documenta fasi di progetto e stadi di avanzamento, prevede e prescrive lavori da fare, clausole contrattuali, vincoli legali, comprende relazioni operative, tecniche e finanziarie, scalette e sintesi di riunioni.
Il business writing persuasivo è dedicato alla vendita diretta o al miglioramento delle relazioni che favoriscono la vendita. Questi testi hanno lo scopo di rassicurare il destinatario e convincerlo dei vantaggi di ciò che sceglierà. Comprendono proposte, studi di fattibilità, idee di progetto, lettere di vendita diretta, annunci di concorsi e premi, cartelle e comunicati stampa. La scrittura transazionale è lo scambio di email, messaggi, preventivi, fatture, prenotazioni, disdette.

Per migliorare la propria scrittura professionale bisogna valutare criticamente tutto ciò che leggiamo: se abbiamo capito subito di che si tratta e dove si va a parare, ci siamo incontrati con un buon documento. Quando scriviamo noi, cerchiamo di metterci sempre nei panni di chi ci leggerà. Per capire se tutto scorre bene rileggiamo ad alta voce, facciamo leggere il testo a persone con preparazione diversa per controllare se è tutto comprensibile agli altri, non solo a noi. Cerchiamo il più possibile di usare un linguaggio piano, comune, evitando i gerghi e i tecnicismi che piacciono tanto all’interno delle organizzazioni, ma che comunicano poco e male all’esterno, cioè nel posto in cui si trovano clienti, utenti, influencer, stakeholder interessanti.